Il commento del direttore:
“Il Napoli è molto malato e la Viola è tanto in salute. Il verdetto del Maradona non giustifica altre verifiche. La squadra di Garcia è l’ombra di quella di Spalletti, che pure contro Italiano ha sempre sofferto. Ma stavolta il tracollo mostra tutta intera la crisi degli azzurri, che hanno archiviato il palleggio veloce, il pressing, le sovrapposizioni tra le linee, per arroccarsi in una postura tattica attendista e confusa, che scopre i limiti di una difesa indebolita. Perché Natan non è Kim, e soprattutto non ha preso il ruolo del coreano. È Ostigard che ne fa le veci, in assenza di Rrahmani. E non è la stessa cosa. Così come Cajuste non è ancora neanche l’ombra di Ndombele, e Lindstrom quella di Lozano. Il Napoli non è stato rafforzato. E tuttavia resta ancora la squadra più dotata del campionato, ma anche la più in sofferenza.
Italiano l’ha sfiancata chiudendola sulle fasce con un raddoppio di marcatura su Kvara e Politano, l’ha contenuta in mezzo con la marcatura asfissiante di Arthur, ha avuto il vantaggio dell’infortunio di Anguissa, che ha tolto gamba alla mediana azzurra, inducendo Garcia ad arretrare Zielinski, cedendo a Raspadori un ruolo di rifinitura che purtroppo non è il suo. Il resto lo ha fatto la fame dei viola, outsider cresciuti bene in mezzo ai quali giganteggia un decano come Bonaventura, al suo quinto gol stagionale.
Però la diagnosi spietata per il Napoli non giunge dal risultato. Che ci può stare contro una squadra così in forma. Ma dalla sua incapacità di reagire. Dalla scomparsa del palleggio come fonte della manovra. Dove mai si è visto nell’era Spalletti un centrocampista che fa quaranta metri con la palla al piede senza sapere a chi cederla? E dove mai si è visto nell’era Spalletti una reazione così confusa allo svantaggio come i trenta minuti finali di ieri? Si aggiunga che le sostituzioni continuano a sortire esiti contrari alle intenzioni. Perché lasciar fuori negli ultimi quindici minuti Osimhen, al netto della sua evidente stanchezza, è quello che si dice una puntata d’azzardo. Se ti riesce, hai ragione. Ma se sbagli, paghi il prezzo. Il nigeriano si è procurato un prezioso rigore, che ha segnato, ha lottato tutta la gara, nel secondo tempo ha fallito un’occasione ma poteva certamente risultare utile per riacciuffare il risultato. Garcia continua a dimostrarsi uno scommettitore spericolato e sfortunato.
Signori, questa è crisi. Di gioco. Di testa. E di leadership. Sarebbe il caso di prenderne coscienza subito. Nulla è perduto. A patto di metterci mano subito. Poi a gennaio, bisognerà tornare sul mercato, con più fiuto di prima. Magari ispirandosi a Giuntoli”.
Però la diagnosi spietata per il Napoli non giunge dal risultato. Che ci può stare contro una squadra così in forma. Ma dalla sua incapacità di reagire. Dalla scomparsa del palleggio come fonte della manovra. Dove mai si è visto nell’era Spalletti un centrocampista che fa quaranta metri con la palla al piede senza sapere a chi cederla? E dove mai si è visto nell’era Spalletti una reazione così confusa allo svantaggio come i trenta minuti finali di ieri? Si aggiunga che le sostituzioni continuano a sortire esiti contrari alle intenzioni. Perché lasciar fuori negli ultimi quindici minuti Osimhen, al netto della sua evidente stanchezza, è quello che si dice una puntata d’azzardo. Se ti riesce, hai ragione. Ma se sbagli, paghi il prezzo. Il nigeriano si è procurato un prezioso rigore, che ha segnato, ha lottato tutta la gara, nel secondo tempo ha fallito un’occasione ma poteva certamente risultare utile per riacciuffare il risultato. Garcia continua a dimostrarsi uno scommettitore spericolato e sfortunato.
Signori, questa è crisi. Di gioco. Di testa. E di leadership. Sarebbe il caso di prenderne coscienza subito. Nulla è perduto. A patto di metterci mano subito. Poi a gennaio, bisognerà tornare sul mercato, con più fiuto di prima. Magari ispirandosi a Giuntoli”.