«Le bandiere nel calcio non sono amate. Creano invidia, gelosia. E allora meglio starsene a vedere la partite davanti alla tv». Solitario ma non malinconico, Giancarlo Antognoni è viola nell’anima. Ma è anche uno dei saggi di Bearzot al Mondiale del 1982, uno dei pretoriani di ferro del ct che portò l’Italia in cima al mondo.
Antognoni, anche Garcia ha creato un gruppo di saggi che lo consigliano.
«Fa bene, i leader non possono che dare una mano a superare i momenti brutti ma anche quelli belli. Noi eravamo una cerchia ristretta, con Tardelli, Zoff, Conti e Gentile e ci confrontavamo ogni giorno durante quello storico Mundial».
«Fa bene, i leader non possono che dare una mano a superare i momenti brutti ma anche quelli belli. Noi eravamo una cerchia ristretta, con Tardelli, Zoff, Conti e Gentile e ci confrontavamo ogni giorno durante quello storico Mundial».
Cosa devono fare i saggi?
«Quello che facevamo noi: sostenere in maniera incondizionata le idee della propria guida tecnica. E magari anche invogliarlo ad andare avanti con decisione, se dovesse avere delle titubanze, qualche volta pure gridargli “forza”. Senza dimenticare la parte secondaria».
«Quello che facevamo noi: sostenere in maniera incondizionata le idee della propria guida tecnica. E magari anche invogliarlo ad andare avanti con decisione, se dovesse avere delle titubanze, qualche volta pure gridargli “forza”. Senza dimenticare la parte secondaria».
Ovvero?
«Riferire alla squadra che o si fa così o sono guai. Che la strada per uscire fuori da certi momenti è solo la compattezza, l’unità. Si vince solo con il collettivo, a meno che non hai Maradona al tuo fianco…».
«Riferire alla squadra che o si fa così o sono guai. Che la strada per uscire fuori da certi momenti è solo la compattezza, l’unità. Si vince solo con il collettivo, a meno che non hai Maradona al tuo fianco…».
Napoli-Fiorentina, cosa le viene in mente?
«Il mio gol al San Paolo nella primavera del 1982, con cui vincemmo per 1-0 e restammo in vetta alla classifica assieme alla Juventus. Una rete importante, non solo perché ci consentiva di continuare a sognare lo scudetto, ma anche perché era il primo gol dopo il mio ricovero in ospedale per lo scontro con il portiere del Genoa, Martina».
«Il mio gol al San Paolo nella primavera del 1982, con cui vincemmo per 1-0 e restammo in vetta alla classifica assieme alla Juventus. Una rete importante, non solo perché ci consentiva di continuare a sognare lo scudetto, ma anche perché era il primo gol dopo il mio ricovero in ospedale per lo scontro con il portiere del Genoa, Martina».
Avrebbe visto bene Italiano sulla panchina del Napoli?
«È un allenatore moderno che con i giocatori azzurri sarebbe andato a meraviglia. Ama il gioco propositivo, fa di tutto per comandare la partita, cerca con costanza il possesso palla. Mi sembrano proprio le qualità che hanno portato il Napoli a vincere lo scudetto».
«È un allenatore moderno che con i giocatori azzurri sarebbe andato a meraviglia. Ama il gioco propositivo, fa di tutto per comandare la partita, cerca con costanza il possesso palla. Mi sembrano proprio le qualità che hanno portato il Napoli a vincere lo scudetto».
Già, c’era Spalletti.
«Peccato che sia andato via, per me è il numero uno. E meno male che ora fa il ct dell’Italia. Le cose cambieranno. Ovvio, nel Napoli senza di lui qualcosa va pagato in termini di ambientamento da parte di Garcia. Non entro nella vicende personali, non le conosco: continuare con Luciano avrebbe potuto davvero aprire un ciclo a Napoli».
«Peccato che sia andato via, per me è il numero uno. E meno male che ora fa il ct dell’Italia. Le cose cambieranno. Ovvio, nel Napoli senza di lui qualcosa va pagato in termini di ambientamento da parte di Garcia. Non entro nella vicende personali, non le conosco: continuare con Luciano avrebbe potuto davvero aprire un ciclo a Napoli».
Ripetersi sarà difficile?
«Lo è a prescindere. Perché adesso sei la squadra da battere, non puoi più giocare sull’effetto sorpresa. Sei campione d’Italia e tutti gli avversari farebbero di tutto per sconfiggere quelli che hanno il tricolore sul petto. Spesso può dare il senso a una stagione una vittoria con il Napoli».
«Lo è a prescindere. Perché adesso sei la squadra da battere, non puoi più giocare sull’effetto sorpresa. Sei campione d’Italia e tutti gli avversari farebbero di tutto per sconfiggere quelli che hanno il tricolore sul petto. Spesso può dare il senso a una stagione una vittoria con il Napoli».
Anche per la Fiorentina?
«È ambiziosa, non credo che si accontenti di vincere al Maradona. La proprietà sogna in grande».
«È ambiziosa, non credo che si accontenti di vincere al Maradona. La proprietà sogna in grande».
Chi vince lo scudetto?
«Il Napoli è nel quartetto delle mie favorite, dove ci sono Inter, Milan e Juventus».
«Il Napoli è nel quartetto delle mie favorite, dove ci sono Inter, Milan e Juventus».
Che Napoli si aspetta domenica?
«Ferito, arrabbiato, perché ha perso immeritatamente con il Real Madrid ma non ne è affatto uscito ridimensionato. Anzi. Ha affrontato Ancelotti a viso aperto, con coraggio, puntando sulle proprie armi migliori e sulla qualità di Osimhen e Kvara. Solo che dall’altra parte in campo c’erano dei giocatori straordinari. La differenza, come sempre, la fanno le qualità dei singoli».
«Ferito, arrabbiato, perché ha perso immeritatamente con il Real Madrid ma non ne è affatto uscito ridimensionato. Anzi. Ha affrontato Ancelotti a viso aperto, con coraggio, puntando sulle proprie armi migliori e sulla qualità di Osimhen e Kvara. Solo che dall’altra parte in campo c’erano dei giocatori straordinari. La differenza, come sempre, la fanno le qualità dei singoli».
E nel centrocampo degli azzurri chi più la colpisce?
«Per tutto, anche per il carattere che sembra avere, Lobotka. Avrà pure cambiato modo di giocare, sarà anche meno regista rispetto a quando c’era Luciano, ma è un piacere vederlo impostare con il pallone tra i piedi, tornare a dare una mano in fase di impostazione ma anche correre per aiutare in difesa».
«Per tutto, anche per il carattere che sembra avere, Lobotka. Avrà pure cambiato modo di giocare, sarà anche meno regista rispetto a quando c’era Luciano, ma è un piacere vederlo impostare con il pallone tra i piedi, tornare a dare una mano in fase di impostazione ma anche correre per aiutare in difesa».
Chi è favorita domenica sera?
«La Fiorentina per il modo che ha di giocare Italiano è capace di ogni cosa. Deve trovare l’equilibrio in fretta, individuare velocemente le armi per neutralizzare Osimhen e Kvaratskhelia. È una squadra, quella viola, che per dna del suo tecnico, ama rischiare. È il bello, ma anche il brutto, del suo gioco».
«La Fiorentina per il modo che ha di giocare Italiano è capace di ogni cosa. Deve trovare l’equilibrio in fretta, individuare velocemente le armi per neutralizzare Osimhen e Kvaratskhelia. È una squadra, quella viola, che per dna del suo tecnico, ama rischiare. È il bello, ma anche il brutto, del suo gioco».
Osimhen e Kvara sono le poche stelle di questa serie A?
«Vero, ce ne sono pochi. Tutti sono imprigionati dentro nei moduli. Ai miei tempi era impensabile che si chiedesse a un attaccante come Osimhen di venire a dare una mano in difesa o al georgiano di fare tutta la fascia. Gli artisti del pallone hanno bisogno di libertà per dare lo spettacolo che vorremmo sempre vedere. Non è un caso che i numeri dieci non esistano più. Un tempo i giocatori fantasiosi come Platini, Zico, Maradona facevano la differenza. Oggi no. Magari gli chiederebbero di dare una mani in difesa pure a loro…».
«Vero, ce ne sono pochi. Tutti sono imprigionati dentro nei moduli. Ai miei tempi era impensabile che si chiedesse a un attaccante come Osimhen di venire a dare una mano in difesa o al georgiano di fare tutta la fascia. Gli artisti del pallone hanno bisogno di libertà per dare lo spettacolo che vorremmo sempre vedere. Non è un caso che i numeri dieci non esistano più. Un tempo i giocatori fantasiosi come Platini, Zico, Maradona facevano la differenza. Oggi no. Magari gli chiederebbero di dare una mani in difesa pure a loro…».
Fonte: Il Mattino