Esclusiva – Capello a “IL Mattino”: “Napoli, in Champions niente è impossibile. Squadra ancora in costruzione”

La Champions League vinta nel 1994 quando era alla guida del Milan. Ma anche i due titoli di Liga conquistati sulla panchina del Real Madrid. Fabio Capello sa come si fa: da una parte e dall’altra. Conosce l’ambiente madridista, conosce le difficoltà del cammino tortuoso della Champions, e oramai è uno dei volti di punta di Sky Sport. Ci sarà anche domani sera per commentare il pre e il post partita tra Napoli e Real, il vero big match di questo turno di coppa oramai alle porte allo stadio Maradona.

 

Partiamo subito dalle prime impressioni su questo nuovo Napoli campione d’Italia.
«Onestamente mi piace, ho visto una bella squadra, soprattutto contro Udinese e Lecce. Ma credo che il Napoli di Garcia sia ancora in costruzione».

A proposito: come sta vedendo il passaggio da Spalletti a Garcia?
«Ognuno porta delle nuove idee che non sempre vengono assimilate all’istante. All’inizio è mancata soprattutto quella fluidità che caratterizzava il gioco della scorsa stagione, ma bisogna dare tempo».

Cosa manca secondo lei?
«Sono mancate quella rabbia e quella attenzione che si vedevano l’anno anno scorso».

Spalletti era il leader di questo Napoli, ora tocca a Garcia.
«Devi dimostrare di essere leader. Con le parole e con i fatti. Garcia è un leader magari diverso nelle idee rispetto a chi lo ha preceduto, ma viene valutato giornalmente dai giocatori. Lo spogliatoio nota tutto: come ti comporti con il calciatore più importante ma anche con il meno importante».

Dopo il ko interno contro la Lazio lei disse che il Napoli rischiava di sentirsi troppo appagato per la vittoria dello scorso campionato.
«È vero. Sentirti campione è il più grande pericolo. Ti dici “Siamo bravi e vinciamo” e invece trovi dall’altra parte le squadre che danno il 110 per cento. A quel punto diventa tutto più difficile. Ecco perché credo che questo sia il punto sul quale devi lavorare maggiormente».

Il Napoli, però, arriva da due belle vittorie: convincenti sia dal punto di vista del risultato che da quello del gioco.
«Garcia in questo momento è ripartito. Ora i giocatori devono assorbire quello che vuole lui».

I giocatori, appunto, sono quelli che fanno la differenza e che spesso creano tensioni: che idea si è fatto sul caso Osimhen e sulla sostituzione contestata a Bologna?
«Sono cose di campo. Ci si chiarisce. Nello spogliatoio è fondamentale che si dicano le cose in faccia. Solo in questo modo si troverà la soluzione. Bisogna essere onesti: il Napoli non può fare a meno di Osimhen, ma poi è l’allenatore che decide. I giocatori a volte non capiscono che il tecnico mette sempre in campo la squadra migliore per vincere, i cambi non si fanno per capriccio o simpatia. Quindi se l’allenatore fa delle scelte è sempre per migliorare. I giocatori devono accettarlo, anche per rispetto verso l’allenatore e verso chi ti subentra».

A lei è mai successo di vivere situazioni analoghe in carriera?
«Ovviamente sì, perché sono cose di calcio, dunque cose che succedono».

E lei?
«Facevo delle riunioni molto semplici: “Tu non devi giocare sempre e lui deve solo stare in panchina”, spiegavo a tutti. Altrimenti si innescano dei meccanismi che non fanno bene alla squadra e al gruppo».

Ma torniamo sulla Champions. Nel primo turno il Napoli è stata l’unica squadra italiana ad aver vinto.
«Ha anche avuto la partita nettamente più facile. Le gare di Champions sempre sono contro squadre di un certo valore e un certo livello. Sono molto difficili e importanti. Non c’è una sola cosa che conta. Abbiamo visto l’Inter soffrire, il Milan regalare una partita che sulla carta poteva essere difficile, ma che in realtà ha dominato: gli è mancato solo il gol. Adesso ci sarà questa grande sfida tra Napoli e Real Madrid».

Conosce bene gli spagnoli e l’ambiente Real.
«Il Real Madrid è la storia. Se vinci hai fatto il tuo dovere, altrimenti non hai fatto niente. Lì non sanno cosa sia l’appagamento».

Che Real è quello di quest’anno che è partito fortissimo tra campionato e Champions?
«A momenti mi esalta, ma è molto legato a certi giocatori».

Quali?
«Due su tutti: Vinicius e Bellingham. Purtroppo per il Napoli il brasiliano è tornato a disposizione e sarà uno dei maggiori pericoli per la difesa azzurra».

E poi c’è Bellingham.
«Insieme a Valverde è uno di quei giocatori che hanno un cambio di ritmo talmente importante che ti può fare sempre la differenza. L’arrivo dell’inglese a Madrid è stata la ciliegina sulla torta, anzi la ciliegiona per quello che lo hanno pagato. È un giocatore che ha tutto e tutto ai massimi livelli: tiro, velocità, visione di gioco. In giro ci sarebbe solo De Bruyne al suo livello, ma nel dribbling Bellingham credo sia anche meglio».

Come se non bastasse, in panchina c’è Ancelotti.
«Carlo riesce a far rendere al meglio tutti quanti i suoi giocatori. Tutti sanno che non si possono fare capricci quando indossano quella maglia: devi sempre dare il massimo altrimenti al Bernabeu non giochi».

Ancelotti è già promesso sposo della nazionale brasiliana per la prossima stagione: questo cosa vuol dire all’interno dello spogliatoio?
«Ancelotti chiederà ancora di più alla propria squadra e i giocatori si sentono in debito con lui per quello che ha fatto in questi anni e daranno ancora di più».

Eppure proprio a Napoli non ha fatto benissimo.
«Ci sono posti dove non riesci a farti capire, la squadra non riesce a dare quello che puoi dare. Non c’è feeling e diventa tutto più difficile. Magari l’allenatore capisce anche cosa fare, ma non viene attuato dai calciatori quando scendono in campo».

Dalla Champions all’Arabia, va temuta l’invasione saudita?
«Solo dal punto di vista delle risorse economiche che sembrano illimitate, ma credo che l’Europa resterà ancora l’ombelico del calcio».

Avevano anche provato a convincere Osimhen che alla fine ha scelto di restare a Napoli.
«Sono scelte personali. Ma lì devi porti delle domande importanti, cioè cosa vuoi fare: far crescere il conto in banca o crescere calcisticamente? Credo che alla fine Osimhen abbia fatto bene a restare. D’altra parte è la stessa scelta che ha fatto anche Mbappé. Vuol dire che vuoi vincere dei trofei importanti, e per farlo devi restare qui. Anche Messi ha detto no all’Arabia e alla fine ha scelto gli Stati Uniti».

 

Fonte: Il Mattino

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