Centonovantadue giorni, mica uno: che fanno sei mesi, feste e vacanze incluse. Un tempo infinito, tra pali e un malessere che Khvicha Kvaratskhelia si è portato dentro, perché gli attaccanti sono fatti così. «Sono tornato e sono felice. Perché se non segni per un periodo così lungo alla fine sei nervoso». Centonovantadue giorni pieni anche di allusioni, di paure, di “terrore”; ricchi di perplessità (non salta l’uomo), di retro-pensieri (l’hanno ingabbiato), di quel senso di smarrimento che, al minuto 74 di Napoli-Udinese, Kvara ha scalciato via a modo suo: «E andrò avanti così». Restando Kvara, una finta, un dribbling, un assist, un rigore conquistato, magari pure due pali (ma chi se ne frega a questo punto?) e poi il gol e la vittoria che rimuove la parola crisi dal vocabolario di Napoli e restituisce il sorriso: «È normale che il gol mi sia mancato, tanto. Non importa chi segna, l’importante è dare il contributo alla vittoria. E noi dovevamo vincere e basta. Lo abbiamo fatto, lo abbiamo meritato, ci siamo parlati anche con l’allenatore e abbiamo capito che era importante tornare a giocare in questo modo».
GARCIA SORRIDE
Giocare come non l’avevano mai fatto, forse per un po’ – solo per un po’ – per un tempo con la Lazio, poi a Braga, poi a Bologna; per 15 minuti a Marassi. Il Napoli che non c’era più, che pareva scoppiato nella testa, è riapparso e Garcia se l’è goduto, incurante del pericolo che chi sta in panchina deve necessariamente avvertire quando le cose vanno male. «Un po’ di esperienza ce l’ho e un po’ di spalle larghe ce l’ho. Abbiamo fatto bene. Abbiamo avuto tante occasioni. Abbiamo gestito i tempi».
È la notte della resurrezione e si può anche fare il conto di ciò che è accaduto e di quello che poteva succedere: «Kvara è stato bravissimo, ha fatto tutto. Mi spiace aver subito un gol, bellissimo, di Samardzic. Ma è stato tutto bello, mi è piaciuto l’atteggiamento della squadra e la sua voglia di non arrendersi».
Il Napoli che non ti aspetti, quello che stava in una bolla negativa, l’ha distratto, l’ha rincuorato, ha risistemato i conti con chiunque, anche con Osi. «Io ho un ottimo rapporto con lui. Gli ho fatto i complimenti perché ha segnato, ha partecipato alla manovra, ha fatto quello che voleva. A Bologna eravamo tutti frustrati, volevamo vincere e non ci eravamo riusciti. Poi sono capitate un paio di cose, qualche episodio maldestro come TikTok: nessuno voleva fare male, sono scappate reazioni istintive. Osimhen ama la sua maglia e la sua gente e dà tutto per il Napoli». È un tempo quasi nuovo, incredibile ma vero («Abbiamo risistemato le lancette dell’orologio») e Garcia se ne sta ora in quei 96 minuti che l’hanno reso felice: «Sono da trent’anni nel calcio, conosco come vanno le cose, a volte devi gestire situazioni extra calcistiche. Ma se non lo sai, non lo hai capito, non puoi vivere questo mondo. Io ora penso che Kvara sia molto più leggero, smetterà di pensare al gol che non trovava. È un giocatore unico, salta l’uomo come nessuno. Lo volevo allegro». Come la maschera di Garcia, un altro uomo. Fonte: CdS