Riparte l’Italia femminile, con l’idea di dimostrare che il calcio è anche un gioco da ragazze come dimostra il seguito ottenuto in altri paesi. Andrea Soncin prende l’eredità, non facile, di Milena Bertolini. Non sembra preoccupato, anche se comincia con un duro girone di Nations League. La Svizzera prima avversaria, poi Svezia e Spagna. «E’ complicato ma stiamo cercando di ricostruire e ripartire, quindi dobbiamo guardare prima di tutto dentro di noi e vedere che cosa possiamo dare».
Quali sono le prime parole dette alle sue giocatrici?«Ho chiesto disponibilità e coraggio. La disponibilità la sto trovando, il coraggio sta nel dimostrare che il recente passato ha lasciato un segno che queste ragazze non meritano perché possono dare molto più di quello che hanno dato».
Spalletti è venuto a salutarvi a Coverciano, evento raro per un c.t della Nazionale maschile. E’ stato un segnale importante?«Un motivo di orgoglio, e deve far capire a tutti quanto il Club Italia sia una famiglia. Non si parla più di calcio femminile e maschile e la vicinanza di Spalletti va intesa in questo senso».
Lei rappresenta un taglio netto con il recente passato. C’è chi lo considera un bene e chi pensa che sarebbe meglio riservare il ruolo di c.t. delle donne a una donna. Lei come si pone sulla questione del genere?«Il ruolo dell’allenatore è unico. Sono un professionista, ho fatto le mie esperienze e quando mi è stata prospettata questa opportunità mi sono buttato a capofitto per conoscere più cose possibili del calcio femminile. Ma tante non ho voluto saperle per non essere condizionato, soprattutto nelle convocazioni».
Infatti le prime sono state sorprendenti: ha richiamato senatrici assenti ai Mondiali, come Sara Gama...«In una fase di ricostruzione si creano nuovi equilibri e leadership. Certe giocatrici, Sara compresa, potranno dare molto al gruppo. Saranno valutate e giudicate sul campo, ma esponenti così importanti per il movimento possono tracciare una linea chiara per il gruppo squadra».
L’Italia del calcio donne ha ancora muri da abbattere?«Non penso che sia questione di calcio ma di sport in genere. Dobbiamo prendere esempio da paesi dove si giudica l’atleta senza guardare al sesso. Questa differenza fra maschile e femminile è un refuso da correggere».
Lei si definirebbe un giochista o un pratico?«E’ sempre il gioco a determinarlo. Con le ragazze stiamo studiando alcune situazioni, per metterle nel miglior contesto possibile senza andare a svalutare le loro caratteristiche. Al centro del gioco c’è sempre il giocatore o la giocatrice».
Che cosa le ha chiesto il presidente Gravina?«Di scegliere senza condizionamenti, per cercare di dare credibilità a quello che andiamo a fare senza pensare al passato. Bisogna concentrarsi sul quotidiano e ogni momento passato con le ragazze è un tassello importante nella ricostruzione».
Qualcuno le ha chiesto se è impazzito ad andare ad allenare le donne?«I commenti di un certo tipo arrivano da chi dà giudizi senza sapere. Io ho cercato di valutare seguendo le mie idee. La Nazionale è la Nazionale e non ne faccio una questione di genere».
Che cosa si aspetta dalla Nations League che comincia?«Per le qualità che abbiamo, vorremmo stupire. Le ragazze vengono da un periodo difficile che può aver lasciato qualche strascico emotivo, ma in campo hanno le possibilità di tirar fuori il meglio se vivono con gioia quello che fanno, come ho visto in questi giorni. Perché chi vive con gioia può competere con qualsiasi avversario».
A cura
DI ALESSANDRA BOCCI
Fonte: Gazzetta