Natan Bernardo de Souza, il ventiduenne difensore acquistato dal Napoli in estate dopo l’addio di Kim, ama il teatro: da bambino a Serra, nello Stato di Espiritu Santu, Sud-Est del Brasile, frequentava la scuola calcio dell’associazione sportiva Tubarão e poi una parrocchia che organizzava anche un po’ di spettacoli, di recite, e così la passione gli è rimasta insieme con l’amore per il pallone e con una fede incrollabile.
Nella vita ne ha passate tante: ultimo di quattro figli, la povertà, un fratello (Felipe) costretto a vivere sulla sedia a rotelle a cui è legatissimo e a cui si ispira, la tentazione di smettere in preda a un crollo personale prima di trasferirsi al Flamengo e la fortuna – o il miracolo – di scampare al tremendo incendio che l’8 febbraio 2019 distrusse il convitto del Fla, rubando anche la vita di dieci compagni d’accademia.
Il finale della storia, insomma, è la conseguenza di questo racconto di vita: Natan non ha paura della strada in salita che sta caratterizzando i primi passi, le sue prime settimane napoletane. Tre partite ufficiali, tre giornate di campionato, zero minuti: mai entrato. Non ha ancora esordito, né al Maradona con Sassuolo e Lazio e tantomeno a Frosinone, e inevitabilmente l’attesa cresce di pari passo con la curiosità. A Kim, un coreano poco conosciuto acquistato da Giuntoli con un colpo di genio dopo la cessione del totem Koulibaly al Chelsea, bastarono un paio di partite e un paio di parole chiave in un italiano estremamente basic per uscire dall’ombra del gigante Kalidou, mentre Natan non ha ancora avuto la possibilità di giocare.
Accadrà, certo. Prima o poi. Lui, nel frattempo, si allena sodo, studia la lingua e si esprime sempre in italiano con apprezzabile coraggio. E al suo fianco c’è Juan Jesus, un altro brasiliano. Una guida. Ma anche l’uomo che, di fatto, ha raccolto l’eredità di Kim al fianco di Rrahmani: non è mai facile, per Natan.
LUI E KVARA. E allora, la scalata del nuovo difensore. Il giocatore più giovane della rosa insieme con Kvaratskhelia: sono nati entrambi a febbraio 2001, li separano 6 giorni. Meno di una settimana: Kvara è del 12, Natan del 6. E il Napoli, se vogliamo, li ha pagati più o meno la stessa cifra: 10 milioni più bonus il brasiliano, 11 milioni il collega. Le rispettive storie azzurre, però, sono diverse. E lo sono state dal principio: Khvicha è stato subito un principe, al compagno toccherà fare trekking con le gerarchie. Mancino naturale, 188 centimetri e un passato da terzino sinistro, Natan nel Flamengo ha conosciuto Pablo Marì, difensore del Monza: anche lui, come JJ, deve avergli spiegato un po’ di cose del campionato italiano. Tutte utilissime.
POST CHAMPIONS. Il vero maestro di questa prima fase nel Napoli, però, è ovviamente Garcia: lo sta inserendo, lo sta proteggendo. «Ha bisogno di tempo: è appena arrivato ed è giovane. Non parla l’italiano. In questa fase è meno timido rispetto all’inizio, però diamogli tempo», ha detto dopo la vittoria con il Sassuolo. E con la Lazio non l’ha fatto debuttare: considerando che la partita con il Genoa alla ripresa è diventata molto delicata dopo la prima sconfitta, e che a seguire a Braga andrà in scena l’esordio in Champions, competizione mai frequentata finora dal difensore brasiliano, è presumibile che al massimo potrà entrare in corsa.
Per vederlo dal primo minuto al centro della difesa, insomma, bisogna aspettare dopo la prima di coppa: impossibile cerchiare una data, roba da indovini; e probabilmente anche Rudi non è in grado di dire con precisione quando lo riterrà pronto.
LEZIONI. Natan, dicevamo, nel frattempo lavora e studia. Sessioni tattiche con lo staff di Garcia per velocizzare l’inserimento e lezioni d’italiano per entrare al volo nei meccanismi e nella mentalità. Ha scelto di vivere in città, tra la collina e il mare, e non vede l’ora di esordire. Scalpita. Come tutti gli abitanti del pianeta azzurro.
Fonte: Corriere dello Sport