Corsi su Spalletti: “Luciano studiava tanto e ora insegna con totale passione”

Luciano ha un anno e mezzo più di Fabrizio, ma a 18 anni, quando andavano a mangiare la pizza da Emilio perché era l’unico aperto all’uscita dalla discoteca, era come essere coetanei. Di più, come fratelli: «Luciano sapeva cose di me che non sapeva neanche mio fratello». Poi ci si mise di mezzo il calcio e fu Fabrizio (Corsi), che a trent’anni faceva già il presidente, a scegliere Luciano (Spalletti) come allenatore dell’Empoli. Il magico mondo dove il c.t. si è formato. Che ha un segreto preciso, ha detto sabato: si chiama Corsi, «perché capisce di calcio e di uomini». «Questo vale per tutti gli imprenditori, anche se io sono più che altro un artigiano. Il mio babbo diceva che la dote più importante per chi guida un’azienda è saper scegliere le persone».

E Corsi cosa aveva visto prima di tutti, per scegliere Spalletti allenatore, nel 1995? «La sua intelligenza, nettamente superiore alla media. E la curiosità che aveva di studiare gli allenatori più importanti».

Lo ha sentito dopo la nomina a c.t.? «No, ma gli ho scritto un messaggio su questa cosa bellissima che gli è successa. Ed è successa a tutti noi di Empoli».

Un sogno, ha detto: le aveva mai parlato di questo sogno? «Non a me, ma agli amici che lo frequentano più assiduamente. Non proprio in modo diretto, i sogni si tengono nel cassetto, ma qualche battuta l’aveva fatta».

A Empoli sentirete un po’ vostro anche il vederlo sulla panchina dell’Italia, come lo scudetto del Napoli? «Nostro nel senso che è una gioia anche per noi. Siamo dove siamo da anni grazie a lui e a gente che lo accompagna oggi in Nazionale: Pane, Baldini, Domenichini che ha allenato la nostra Primavera».

Perché Spalletti può essere l’uomo giusto per la Nazionale? «Perché ha una passione viscerale per questo mestiere, predisposizione alle gestione delle risorse umane e una conoscenza del calcio molto approfondita. Lui non allena i giornalisti o i dirigenti, anche se sarebbe in grado di allenare tutti: lui insegna, lavora nello specifico, a differenza di tanti allenatori che definisco tromboni, perché suonano molto la tromba e allenano poco. Anche se nei cinque giorni che ha per preparare una partita, non può trasmettere alla squadra tutto quello che sa».

Quanto può essere un problema, per come vive il suo essere allenatore? «E un problema di tutti i c.t. Ma allena giocatori, e alcuni li ha già avuti, con qualità individuali e conoscenze tattiche consolidate: dovrà adeguarle alle sue».

Fra tanti pregi, ce lo dice un suo difetto? «Alle persone si vuole bene nei difetti, non nei pregi. E quando vuoi bene, i difetti non sono difetti: sono caratteristiche».

«Il suo Napoli ha giocato il miglior calcio d’Europa», disse Corsi qualche mese fa. Lo farà anche la sua Italia? «Mi aspetto una squadra ordinata, e con una sua identità. Con gente che lui porterà a rendere al massimo. In prospettiva abbiamo anche ottimi giovani, ma ora c’è l’urgenza di questi due risultati, con Macedonia e Ucraina: molto passa di lì, per tutti».

Chiudiamo come ha chiuso Luciano sabato: «Non so se sarò il miglior c.t. possibile, ma sarò il miglior Spalletti possibile». «Di sicuro starà 14 ore al giorno lì con la testa. Un mese fa ci siamo sentiti e ci siamo detti che ormai siamo svegli alle 3-4 del mattino. Quindi, siccome in qualche modo poi bisogna arrivare alle otto, forse anche più di 14…».

 

Fonte: Gazzetta dello Sport

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