Sorride. Come un bambino al suo primo giorno di scuola. Luciano Spalletti è vestito in maniera impeccabile e fa il suo ingresso nell’aula magna di Coverciano con la schiena dritta e il petto in fuori. Non solo è il nuovo ct della Nazionale, ma è anche l’allenatore campione d’Italia in carica. Al suo fianco Gabriele Gravina, il presidente federale che alla velocità della luce ha dovuto trovare una soluzione alle dimissioni a sorpresa arrivate a Ferragosto da Luciano Spalletti. La scelta di Spalletti è stata quasi naturale: logica conseguenza della stagione strepitosa dell’allenatore toscano alla guida del Napoli, ma anche dalla libertà di Luciano che dopo lo scudetto aveva detto “basta” a De Laurentiis.
IL MANTRA
Spalletti sa bene che quello che lo aspetta non sarà una piacevole passeggiata sulle colline toscane, ma una scalata sulle Dolomiti con decine di pericoli pronti a presentarsi durante il cammino. Anche per questo ad affiancarlo ha voluto che ci fossero i suoi collaboratori di sempre, quelli che lui stesso aveva portato a Napoli e che ora hanno sposato la causa azzurra. A loro si aggiunge anche Gigi Buffon, che da questo nuovo corso dell’Italia sarà il capo delegazione. «Sono stato felicissimo sin dalla prima telefonata di Gravina», ha precisato subito Spalletti. «Questa è una maglia importantissima, i giocatori devono essere felici di indossarla». Attaccamento alla maglia, il messaggio da parte del ct è chiaro e limpido. «Bisogna urlare questa felicità perché non è una maglia qualunque, è una maglia importantissima. La maglia della Nazionale è sempre addosso», ha specificato il neo ct che subito ha voluto richiamare “alle armi” il popoli italiano. «Nel 1970 avevo 11 anni, chiesi a mia mamma una bandiera dell’Italia più grande possibile per festeggiare quel 4-3 contro la Germania. Ora questa bandiera dell’Italia la riporterò in campo quando andrò in panchina. Spero di far nascere quel sogno in tutti i migliaia di bambini che guarderanno la Nazionale». D’altra parte dopo i fasti dell’Europeo vinto nel 2021 è arrivata cocente la delusione per il Mondiale mancato nel 2022. E allora tocca proprio a lui ricucire quello strappo – azzurro – tra l’Italia e gli italiani.
NAPOLI E PASSATO
A proposito di strappo. Anche Luciano ha lasciato qualcosa di irrisolto con Napoli, la città dove ha vinto lo scudetto ma anche il club con il quale deve ancora definire i dettagli per quel che riguarda la clausola che lo legava ancora per un anno. «Napoli è stata un’esperienza travolgente e unica. È stata la mia felicità. Per la clausola ci sono delle cose che dobbiamo mettere a posto dove stanno lavorando gli avvocati, spero si possa arrivare il prima possibile alla migliore soluzione per tutte e due le parti». Di Napoli e di quella indimenticabile stagione tricolore hanno tutti negli occhi non solo i successi, ma anche il bel gioco. Proprio da questo punto ripartirà l’Italia di Spalletti. «Vogliamo giocare con la difesa a 4. Vogliamo essere una squadra che tenta di andare a prendere la palla. Due cose sole contano nel calcio: la pressione e la costruzione. Il resto viene di conseguenza». Rispetto al suo Napoli, l’Italia è orfana di un regista come Lobotka e di un numero nove come Osimhen. «Di centravanti ce ne sono in Italia e molti sono nelle condizioni di vestire la maglia della Nazionale. Secondo me c’è anche qualche giocatore di altre posizioni che può ricoprire quel ruolo di attaccante centrale» E qui il riferimento a Raspadori è tutt’altro che velato. Nelle sue prime convocazioni (in vista delle prossime gare con vista su Euro 2024 contro Macedonia del Nord e Ucraina) ci sono quattro campioni d’Italia: Meret, Di Lorenzo, Politano e Raspadori. Gli ultimi due potrebbero rappresentare le grandi novità del tridente azzurro. Politano ha tutti i numeri per scalare le gerarchie nel ruolo di esterno a sinistra, mentre Jack può diventare la prima alternativa a Retegui e Immobile per il ruolo di falso nove.
Fonte: Il Mattino