In Danimarca, il Napoli ci era già passato, c’è stato un momento in cui sui taccuini c’era il nome di Damsgaard, pure lui un Millennials, e quello di Højlund, un altro classe 2000, però nell’ombra s’intrufolarono i dribbling di Lindstrøm, la sua sfrontata, esagerata esuberanza, soprattutto una natura ampia da poterla immaginare in questa squadra multitasking, nella quale chiunque sa fare varie cose, tutte belle e mai troppe. Lindstrøm appartiene al genere, è esterno o anche mezzala, sa stare nel tridente oppure sistemarsi tra le linee, punta e crea la superiorità e, perché non siano bollicine, sa pure segnare: dieci gol e undici assist con il Brondby per rivincere – a sedici anni di distanza – il campionato danese; e poi, cinque reti e altrettanti assist nella sua prima stagione con l’Eintracht Francoforte. L’impatto in Germania è «brutale», gli bastano nove mesi per ritrovarsi eletto «rookie of the year», il miglior debuttante, che intanto è diventata una straordinaria plusvalenza: i sette milioni investiti dall’Eintracht crescono e si moltiplicano, perché l’Europa League vinta nel 2022 ha un peso e dà una visibilità, come i suoi quattordici gol e quattordici assist in appena ottanta partite, tra Bundesliga e tour Continentale. Prossima tappa, stadio «Diego Armando Maradona»: con i (suoi) piedi buoni è assai più facile passeggiarci. Fonte: CdS