Niente falsi moralismi, al netto dell’apprezzabilità di scelte come quella di Zielinski o di Son o degli altri che hanno rifiutato i petroldollari, che tuttavia coi loro stipendi, pur di 3, 4 o 10 volte inferiori alle offerte saudite non avranno grosse difficoltà a fare la spesa, e così figli e nipoti a ruota. Se comprensibili sono tutte le scelte sopra elencate e le altre che rientrano in quel range, incomprensibile appare la scelta di chi, con tutta la carriera davanti, sceglie ad oggi la Saudi League. È il caso di Gabri Veiga, ad esempio: 21 anni, centrocampista veloce e tecnico del Celta Vigo con un destro in grado di dosare morbidezza e legnate pazzesche, perno dell’Under 21 spagnola e già in odore di nazionale maggiore. Dunque un calciatore con una carriera di livello sicuramente alto e probabilmente altissimo davanti inseguito dal Napoli Campione d’Italia e da diverse squadre di Premier che sceglie, invece, e con una spinta forte anche del suo agente Pini Zahavi, di finire all’Al-Alhi, in Arabia.
Finire, già, perché per un calciatore come Veiga la Saudi League equivale, nella migliore delle ipotesi, a un congelamento della carriera: difficile ipotizzare che una nazionale fortemente competitiva come quella spagnola punti su un calciatore che milita in un campionato non performante, difficile immaginare una crescita senza giocare competizioni come la Champions League (al netto di idee balzane come le wild card) e anche dal punto di vista fisico resta un’incognita cosa può riservare la permanenza in Arabia Saudita tra clima e metodologie di allenamento. Un paio di stagioni, guadagni da capogiro, per poi rientrare in Europa? Già, ma con quale garanzia di ritornarci al top?
Fonte Il Fatto Quotidiano