L’editoriale:
“Lo sbadiglio di Aurelio De Laurentiis sul secondo gol di Osimhen, e terzo del Napoli, è quello che si dice un coup de théâtre. Con la sua istrionica arroganza il presidente dice alla telecamera, e quindi a tutti noi: di che vi stupite? Io l’ho sempre saputo che, cambiando l’allenatore, il Napoli non sarebbe cambiato. Ha ragione lui. Anche se quello andato sotto a Frosinone, e poi riemerso con uno scatto di superiorità tecnica e agonistica, è un Napoli lievemente diverso da quello di Spalletti. Almeno per ora. Perché l’assenza di Kim costringe Lobotka ad arretrare di cinque o sei metri per raddoppiare la marcatura. Perché Zielinski sente maggiore responsabilità, e l’assume tutta intera, trasformandosi nel vero regista di questa squadra. Perché si palleggia meno velocemente, e questo speriamo sia solo l’effetto del rodaggio. Perché il 4-3-3 è meno largo nel tridente, rispetto alla versione Lozano-Osimhen-Kvara, con Politano e Raspadori che tendono a convergere e a sfruttare meno le fasce. Perché l’asso nigeriano non si contenterà quest’anno di bissare lo scudetto, e l’ha detto subito nei primi novanta minuti. Con la testa lui sta in Europa, e con i piedi saldamente ancorato al terreno. Guardate l’esecuzione dei due gol: la coordinazione è perfetta su entrambi, a dimostrazione di come Osimhen sia sintonizzato testa e corpo con le insaziabili ambizioni che il suo nuovo stipendio certifica.
È presto per un’analisi compiuta, meno che mai per fare paragoni con la passata stagione. Anche perché il Frosinone è un onesto sparring partner che concentra le sue energie nello scatto iniziale, per poi mostrare tutti interi i limiti e le incompiutezze di una neopromossa, il cui mercato non può dirsi concluso. Almeno se Stirpe vuole concretamente lottare per restare in serie A. Però nei venti minuti in cui profonde tutto il suo sforzo, riesce a confondere la partenza azzurra, la rallenta, la mette in disordine e apre qualche crepa nella difesa di Garcia. Che è l’unica vera incognita sul futuro di questo squadrone. Perché, dopo Koulibaly e Kim, non sarà facile per il pur accreditato Natan sostenere confronti così impegnativi. E tuttavia sulla risposta dei centrali poggia l’impenetrabilità difensiva, soprattutto nelle gare contro le big italiane ed europee. Il resto lo fa l’egemonia a centrocampo, perché questa è una squadra che si difende anzitutto con il possesso di palla e tenendo alto il baricentro del gioco.
L’esordio di Cajuste è un azzardo fallito del tecnico francese, poiché, a prescindere del rigore ingenuamente provocato, è ampiamente visibile che il ventiquattrenne svedese non è pronto per vestire una maglia da titolare, non avendo ancora, nella testa prima che nelle gambe, il ritmo e le geometrie del gioco azzurro. Ma la stagione è lunga e ci saranno altre occasioni per lui.
Una parola per il grande assente. Il Napoli è piacevole anche senza di lui, ma Kvara è il bello in purezza. La sua irresistibile fantasia fa l’attesa dei tifosi azzurri più desiderante. Mancano sette giorni per l’appuntamento con lui al Maradona, per Napoli-Sassuolo. E sembra un’eternità”.
Fonte: CdS