Ce n’è per tutti, (quasi) nessuno escluso, sin dall’incipit, e sono frustate al petto – mica all’acqua di rose – che sferzano l’aria, perché si sappia chi è il «buono» e quali siano i «cattivi». «Dopo la valanga di considerazioni astratte comparse su molti media, ritengo sia necessario fare chiarezza sulla vicenda Spalletti, legata al suo possibile impegno come Ct della Nazionale italiana di calcio». E quindi, la sua carta canta, per sottolineare le stonature di questo calcio attraverso una ricostruzione anche un po’ retorica di questa estate divenuta rovente («ho sempre avuto grande rispetto per la Nazionale e quando ero giovane, oltre al Napoli era l’unica squadra che mi appassionava») e che poi si è trasformata incandescente con il contatto tra Federazione e Spalletti. Ma i fatti non possono essere separati dall’opinione che Adl diffonde all’ora di pranzo del 15 agosto, tanto per rinfrescare il clima torrido: «Luciano Spalletti, pur avendo un ultimo anno di contratto con il Napoli, dopo aver vinto lo scudetto ha manifestato la volontà di prendersi un periodo di distacco dall’attività di allenatore poiché “molto stanco”. Per riconoscenza per il lavoro fatto, non ho battuto ciglio anche se avrei potuto chiedergli il rispetto del contratto. Gli ho quindi dato la possibilità di prendersi questo lungo periodo di riposo… E ascoltando la voce ed il sentimento dei milioni di tifosi del Napoli che sentono un profondo legame con l’allenatore della squadra Campione d’Italia, nel concedergli la possibilità di non adempiere al suo contratto, ho chiesto garanzie sul rispetto di questo periodo sabbatico, inserendo una penale nel caso in cui il suo impegno fosse venuto meno». E però questa è la parte dolce, un pizzico di miele che poi si trasforma in fiele, quando l’argomento della riflessione diventa la Federcalcio. «Per quanto riguarda la Federazione, osservando la vicenda in discussione, ciò che mi appare più sorprendente è che si arrivi a poche settimane da due gare molto importanti della Nazionale, subendo le dimissioni dell’allenatore Roberto Mancini. A questo proposito sono due le principali considerazioni da fare: non si sanno tenere i rapporti con i propri collaboratori inducendoli alle dimissioni; mancano strumenti giuridici idonei a trattenere gli stessi determinando il rispetto dei contratti sottoscritti anche attraverso la previsione di specifiche penali». I contratti sono un ricorrente cavallo di battaglia di Adl, rappresentano un tormentone da diciannove anni cui spesso fa riferimento: e però stavolta il presidente del Napoli disquisisce su altro, si sofferma sull’aspetto economico, dettaglio dal quale ama sfuggire ma stavolta va cavalcato: «E se la scelta cade giustamente su Spalletti offrendogli uno stipendio di tre milioni netti per tre anni, non ci si può fermare di fronte all’accollo (pagare per conto dell’allenatore) di un milione lordo per anno per liberarlo dal suo vincolo contrattuale. Tutto ciò è incoerente. Per il Calcio Napoli tre milioni non sono certo molti, e per Aurelio De Laurentiis sono ancora meno. Ma la questione nel caso di specie non è di “vil denaro”, bensì una questione di principio, che non riguarda solo il Calcio Napoli, ma l’intero sistema del calcio italiano, che deve spogliarsi del suo atteggiamento dilettantistico per affrontare le sfide guardando al rispetto delle regole delle imprese, delle società per azioni, del mercato». Finalino pirotecnico, però stavolta senza fuga in motorino: una carezza di qua e una di là, per chiunque: «Ma fino a quando si consentirà che la “regola” sia la “deroga” il sistema calcio non si potrà evolvere e continueranno a esserci i casi “Spalletti” come continueranno a esprimersi “autorevoli” commentatori che non conoscono come vada gestita in modo sano un’impresa».
Fonte: CdS