Fo rse è il caso che si mettano un po’ tutti il cuore in pace, che aspettino trencentosessantacinque giorni (più o meno), perché avendo imparato da sé, Aurelio De Laurentiis ha rispolverato le sue antiche tavole del mercato ed ha provveduto: Victor Osimhen andava in qualche modo accontentato – lo dice lo scudetto, la classifica cannonieri e persino il mercato – e per non rischiare di tenerselo imbronciato, e di scoprire ogni tanto che al suo bomber fosse venuto un fastidioso mal di pancia, s’è regolato di conseguenza. Ha preso il passato, l’ha sistemato al centro del tavolo con Calenda, ed ha provveduto a spazzare via le ombre e pure le perfide triangolazioni di questo macro universo: né Psg, né Arabi e né Premier, ma Napoli, solo Napoli e ancora Napoli, con quindici milioni d’ingaggio, una clausola da 150 che entrerà in vigore l’anno prossimo per l’estero e tra due per l’Italia, i diritti d’immagine che non rappresentano una preoccupazione e stanno lì a disposizione del club, la conferma per i bonus sui gol (ma che volete che siano!?) e, soprattutto, prolungamento di un anno, quindi sino al 2026, che in pratica sa di paracadute. Chi ha memoria, ricorderà che sono già successe storie del genere: il pocho Lavezzi, per dirne una, se ne andò in Argentina per fatti suoi a fine campionato, mandò una lettera attraverso Sky e lasciò intravedere – all’epoca – fantasmi decollati da Anfield: rimase, poi venne venduto. E Cavani, da qui il «lodo» in suo onore, dopo la seconda stagione, riuscì a strappare lo stesso trattamento: ritocchino (ma forse tutt’altro che ino…) e promessa, a futura memoria, di cessione per la modica cifra di 64 milioni, come certificato nel contratto dalla «rescissoria».