Gli arabi non si sono (ancora) catapultati in Abruzzo, né fisicamente e né tecnologicamente, e «il duecentino» a cui Adl ha fatto riferimento ormai non rappresenta neanche più un’unità di misura: Osimhen non è in vendita, non adesso e poi si vedrà semmai quando, e il desiderio sfrenato di De Laurentiis e di Roberto Calenda, il manager del nigeriano che con il nono appuntamento in meno di un mese si sta sottoponendo ad una maratona o ad una prova di resistenza fisica e psicologica, è di sistemare le rispettive firme su quei fogli di carta che sembra di vederli svolazzare nelle stanze segrete dell’Acqua Montis Resort. I contratti del Napoli rappresentano una materia complessa (cit Adl: «io sono bravo a farli») e chiaramente includono clausole che possono pure risultare indigeste, rientra nella natura delle cose cercar di fare i propri interessi. Ma Calenda rappresenta quelli del suo assistito e quindi, inevitabilmente, si ondeggia in interpretazioni varie e discordanti che richiederanno altri appuntamenti. La novità del giorno, e ogni mattina o ogni sera può essercene una, è questa bramosia di De Laurentiis di tenersi con sé il suo capocannoniere, l’uomo che sposta i valori e per il quale non sembra ormai disposto a sentire altri interlocutori che non si chiamino Roberto Calenda, con il quale il tête-à-tête procede ad umore alterno. Il contratto di Osimhen è limpidamente noto: quello in vita, che scade nel giugno del 2025, prevede 4,5 di ingaggio, una serie di bonus al ventesimo e al venticinquesimo gol, altri benefit legati ai risultati. Il prossimo, che De Laurentiis vorrebbe portare sino al 2027 o, almeno, al 2026, va riveduto e corretto secondo le ambizioni di un attaccante che spacca le partite e anche il mercato, che è disposto a restare, che ha lasciato scivolarsi intorno le vocine di un mondo abitato da squali famelici, ognuno pronto a sedurre con tentazioni milionari. Fonte: CdS