Giacomo Raspadori è come i supereroi dei fumetti: sembra che non abbia mai un potere speciale, poi arriva, mette la tuta e risolve i problemi. Ha la faccia deliziosa di chi è cresciuto nella provincia e nel cortile di casa, ma poi in campo è spietato come un attaccante deve essere. «Non è solo quel gol alla Juventus al 93′ che porto nel mio cuore. Ma ora quel che conta è, come dice Garcia, spingerci oltre quell’impresa straordinaria che abbiamo realizzato lo scorso anno».
Raspadori, togliamoci subito il pensiero: dove le piace giocare?
«Mi sento attaccante, è quella la mia natura. Mi piace occupare quella posizione lì in campo. Ma poi posso giocare dove vuole Garcia, stiamo provando anche altre soluzioni, mi va bene anche in difesa se c’è bisogno. Con Spalletti ho avuto già questo genere di evoluzione tattica e sono pronto in questa stagione a continuare».
Un passo indietro. 93′ di Juventus-Napoli.
«C’è tanta magia in quel gol, ma lo scudetto ha tanti momenti importanti. Forse ancora di più la vittoria con l’Atalanta. Ma il ritorno a casa, dopo quel successo, è qualcosa che mi resterà per sempre dentro, anche perché io rientravo da un infortunio: per i tifosi avevamo vinto già lo scudetto, è stata una festa straordinaria, unica».
Quale la vera forza?
«La continuità. Non è stato lo scudetto di questa o quella partita, dei singoli gesti: è stato il modo con cui abbiamo sempre affrontato ogni avversario a farci trionfare».
Cosa significa essere campione d’Italia?
«Già vincere un campionato è motivo di orgoglio, ma farlo qui, in una città che trasmette passione in ogni angolo, che trasmette il suo amore per questa squadra in ogni gesto, è un motivo di orgoglio doppio. E poi anche questa attesa interminabile: 33 anni dopo aver riportato qui lo scudetto è qualcosa di pazzesco».
Ecco, troppa euforia. Non è che De Laurentiis ha ragione a preoccuparsi di un calo di tensione?
«Vedendo questi giorni di ritiro, è un rischio che non c’è, è un problema che non esiste. Certo, può sembrare fisiologico un eventuale calo dopo aver raggiunto un traguardo storico, ma siamo giovani, professionisti che hanno una gran voglia di vincere e non fermarsi. Non succederà».
Un anno di Napoli e del Napoli. Che bilancio fa?
«È stata la scelta giusta venire qui. La stagione è stata molto positiva, ho fatto un grandi passi in avanti, un percorso importante di crescita. E poi ho avuto anche i primi approcci in Champions. Cosa potevo chiedere di più?».
E la città?
«L’impatto è stato fortissimo. C’è la bellezza che incanta tutti, ma poi ci sono angoli incantevoli dove si percepisce l’energia che è poi la benzina per la squadra, per tutti noi. Impossibile restare indifferenti a quello che ci circonda».
La sua cartolina di Napoli?
«La vista del Vesuvio da Posillipo. Un incanto».
Domanda facile, che impressione le ha fatto Garcia?
«Ottime. Sia sotto il profilo umano che tattico. I suoi principi di gioco e le sue idee li stiamo imparando in questi giorni di ritiro che per noi sono importantissimi».
Una frase che l’ha colpita di più in questi giorni?
«Ci ha detto che dobbiamo andare oltre a quello che è stato fatto, che non dobbiamo fermarci, che dobbiamo continuare a volerci migliorare giorno dopo giorno proprio come abbiamo fatto fino ad adesso. Dopo un’annata come questa, può sembrare difficile resettare ma dobbiamo avere ancora più voglia ed entusiasmo. E devo dire che non ci manca nulla di tutto questo».
Gli dia per farsi accettare dal gruppo?
«È già in perfetta sintonia con tutti noi. Sta facendo le cose giuste, stiamo lavorando bene con sensazioni ed energie positive».
La prima differenza con Spalletti?
«Io vedo tante cose simili. Nella gestione del gruppo, per esempio, che è un aspetto che conta tanto e dove tutti e due sono dei maestri. Spalletti e Garcia hanno la voglia di fare un calcio propositivo dove bisogna arrivare al risultato tramite il gioco. Ed è una cosa che piace a tutti noi».
Quando Spalletti vi ha detto che sarebbe andato via?
«Esattamente quando lo ha detto a tutti. È venuto e ci ha comunicato la sua decisione. Non un momento prima».
Rimasto sorpreso?
«Sì. Perché era stato fatto un grande percorso e perché nel calcio i cambiamenti spesso avvengono quando le cose vanno male. Però lui ha preso la sua decisione, nel calcio e nella vita non ci sono cose giuste o sbagliate».
Quanto è importante la permanenza di Osimhen?
«Tantissimo. È stato il capocannoniere, è determinante nel Napoli ma lo sarebbe in qualsiasi squadra. Sarei ipocrita nel dire che non conti».
Che Napoli sta nascendo?
«Un Napoli determinato a dare continuità a quello che ha ottenuto con merito nella stagione passata».
Le altre hanno colmato il divario da voi?
«Non credo che ce ne sia bisogno. Nel senso che ogni campionato ha la sua storia e Inter, Milan, Juve, Roma e Lazio giocheranno per lo scudetto. Non c’è nulla di scritto, perché poi la vera differenza la farà la continuità nel rendimento e nel cammino. È questa l’arma vincente».
Le ricordo che la finale di Champions è a Wembley.
«Lo stadio del trionfo dell’Italia. Indimenticabile. Sarebbe un sogno arrivarci con il Napoli in quel posto magico per la nostra Nazionale».
Cosa serve per migliorare il percorso in Champions?
«La fortuna. Ma le cose non le regala nessuno, vanno prese. Non basta dire: vogliamo arrivare in alto. Per farlo la strada da percorrere è quella del lavoro quotidiano, è quello che si faticando ogni istante del giorno».
La seconda maglia ha il disegno del Vesuvio. Si è stufato anche lei cori anti-Napoli?
«Inaccettabile che succedano ancora adesso. È una cosa per me insopportabile. Va fatto di tutto per debellarlo dagli stadi questo fenomeno che è ancora troppo presente. È una cosa stupida e fuori da ogni logica».
E anche l’anno della rincorsa a Euro2024.
«Con Mancini dobbiamo portare avanti il percorso iniziato con la vittoria degli Europei. Il nostro è un ciclo vincente e non bisogna mai dimenticarlo».
“Vincente” ma il Mondiale lo abbiamo visto in tv.
«Certo che lo è. La delusione per la mancata qualificazione in Qatar ha cancellato i ricordi belli e il lavoro straordinario fatto in questi anni. Si vince quando si costruisce, quando si mettono dentro nuovi talenti, non solo quando si alzano trofei al cielo».
Lei è una delle stelle. E gli altri giovani?
«Scalvini, Gnonto, Scamacca, Frattesi sono fortissimi, hanno tanta voglia di migliorarsi. E questa loro crescita porterà solo benefici. Perché la forza di tutti noi è quella di non pensare di essere già arrivati».
Perché vanno tutti in Arabia?
«Pesa l’aspetto economico, ovvio. Io, per esempio, ho solo la voglia di vivere il calcio in maniera passionale e coinvolgente. E quindi, adesso, in Arabia non ci andrei».
Spalletti non ha mai smesso di ricordare l’importanza di Maradona.
«Ed è tutto vero. Il calcio a Napoli è ancora Diego, è sempre nel nome di Maradona. Impossibile non incrociare un suo ricordo o una sua immagine in giro per la città. È presente in ogni cosa, nel quotidiano, dei tifosi».
Dice Jorginho che i pericoli per i giovani sono le tentazioni e le persone che si avvicinano a voi solo per approfittarsene. «Non è mai facile gestire il successo. Passi dall’anonimato alle prime pagine dei giornali in pochi mesi. Devi avere le spalle larghe, una buona educazione, un equilibrio e le persone giuste che ti aiutano a far capire quali sono le cose che contano realmente».
Rivincere è così difficile?
«Non dobbiamo guardarci alle spalle, ma non è più facile che vincere la prima volta, perché le attenzioni degli altri aumentano, chi ha perso vuole riscattarsi, vuole fare di tutto per ostacolarti».
La sua serata ideale?
«A casa, tranquillamente a cena con la mia fidanzata e i miei amici. Magari giocando alla playstation a distanza con i miei vecchi compagni. Ma sempre dopo aver studiato, perché sono iscritto a Scienze Motorie e voglio laurearmi alla svelta».
È forte pure alla Playstation?
«Fortissimo. E pure ipercompetitivo».
Fonte; Il Mattino