Cannavaro ai microfoni del CdS: «Il tempio di Diego sarà il Paradiso degli scugnizzi»

A l di là del cancello, oltre il profilo del più seducente scugnizzo del calcio, c’è vita: e mentre s’incammina tra i sentieri della memoria, in quel mondo ch’è stato il suo fisicamente e che ora invece lo è pure giuridicamente, Fabio Cannavaro prende i ricordi e li mette in ordine. Quando aveva ancora i pantaloni – i pantaloni, non i pantaloncini – entrò lì dentro, Centro Paradiso di Soccavo, e cominciò a sgranare gli occhi: là si sedeva Maradona e poteva annusare, con la forza delle suggestioni, il profumo della canfora. Il tempo è volato via eppur rotolando nel pallone d’oro della propria esistenza, Fabio Cannavaro ha sempre tenuto per sé la voglia matta di rivivere quei giorni, riassorbirli, custodirli, uno scrigno accessibile a quella Napoli ch’è la sua pelle: il Paradiso non poteva più attendere, è rimasto carcassa e macerie, e potendolo fare Fabio Cannavaro l’ha acquistato, con dentro ciò che resta, il simbolo di un’era. «Qui ci sono i sette anni di Maradona, i segreti dei primi due scudetti, le mie partite da bimbo che sognava». È una romantica fortezza dell’anima.

 

Questo, si può dire?, è un affare di cuore per Fabio Cannavaro. 
«Ce l’ho fatta. È quello che volevo praticamente da quindici anni, forse venti, certo da quando il Centro Paradiso finì nel fallimento del Napoli. È stato il mio tormento, un pensiero fisso». 

È stata la sua culla. 
«La prima volta che ci misi piede, se la memoria non mi tira un tranello, fu per una gara dei Giochi della Gioventù. Potevo avere undici anni o dodici, non credo tredici. Una vita fa. E a quell’età le sensazioni ti si attaccano alla carne. Siamo stati fanciulli, ci portiamo appresso l’eco di quelle ambizioni, forse avvertiamo ancora quelle speranze». 

Li possiamo definire i sogni da restituire ai ragazzi di oggi? 
«È quello che vorrei realizzare: vedere bimbi correre inseguendo un desiderio. Come accadeva a me, che ho avuto la fortuna di vedere realizzare ogni mia aspirazione».

Chiamarlo investimento sa quasi di riduttivo. 
«L’ho voluto per me e per la città, che a livello strutturale ha poco, quasi niente. Non ci sono più campi, non è possibile divertirsi, forse succede per strada – ma chissà dove? – e il sapore non è quello d’un tempo. Io ho intenzione di fare esclusivamente calcio, ricostruire un impianto che ormai è sparito ma che rimane un patrimonio».

Ha trovato le macerie.
«Neanche quelle, verrebbe da dire. Niente, non c’è nulla che riconduca al Napoli o ad un passato, solo quegli splendidi murales di Maradona che spero si possano recuperare. Ma la stradina, ricorda?, la cosiddetta salitina dei pensieri perduti, quella che conduceva agli uffici e costeggiava il campo, è flagellata da buche. Il tetto degli spogliatoi è sparito. Io ci ho messo piede un annetto fa, mi ha preso la tristezza. Ora non so quanto il Paradiso sia peggiorato, certo non può essere migliorato».

Però è finito in buone mani. 
«Mi ha chiamato il sindaco di Napoli, Manfredi, ed è stato un gesto carinissimo, che ho molto apprezzato. Ci sarà modo per confrontarci, per visitarlo, per raccontarlo. Io ci ho trascorso un bel tempo, penso la fase più travolgente dell’esistenza. Ritrovarlo così mi ha fatto male ma lì dentro ci sta un pezzo della mia vita, c’è la storia del Napoli, senza retorica. Quello è stata la casa del più grande calciatore di tutti i tempi, l’uomo che ha modificato il nostro destino calcistico. Viene gente in processione, ancora, hanno semplicemente la curiosità di scoprire dove sia nata quell’epoca felice. Però io non sono intrigato di farne, come dire, un luogo di culto: io vorrei che il Centro Paradiso possa veramente servire alle generazioni del futuro». 

Va rifatto per intero. 
«Totalmente. Il manto, vabbè lo sapevamo, ha bisogno di essere rimosso, completamente rizollato. E intorno c’è semplicemente lo scheletro di quello che è stato il tesoro di quei fantastici Anni 80. Ma gli interventi toccheranno agli specialisti del settore, a chi ha le competenze. Una possibilità sarebbe il sintetico, non per moda ma per esigenza, però il profumo dell’erba è una suggestione alla quale non riesco a sottrarmi».

Affinché nascano nuovi Cannavaro e nuovi Maradona… 
«Magari. Mi è sufficiente, per ora, offrire un pizzico di allegria. Sono orgoglioso d’essere riuscito ad acquistare il Paradiso. Ma questo è un passo, ora ne serviranno altri. Ci vorrà pazienza ma ho il fuoco dentro». 

 

Fonte: CdS

 

 

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