Uno, il toscano decideva, e voleva decidere, forse, persino i calzini da far indossare ai propri calciatori durante le sedute di allenamento, qui in Val di Sole. L’altro lascia ai suoi un bel margine di autogestione, senza l’assillo di una guida costante e martellante. Pronti, ciak: da Spalletti a Garcia, scena 1. Troppo pochi quattro giorni per mettere a confronto il tecnico che ha conquistato lo scudetto, con il suo successore al trono. Però, qualcosa, si inizia a intuire. Ovvio, il lavoro nella preparazione: meno pallone, meno partitelle. Con Luciano, era subito 11 contro 11, ora c’è più lavoro a “secco”. Il contatto con i tifosi, pure, è diverso: uno è francese e lo è in ogni sua posa. Non è frivolo, non appariscente, ma non nasconde la sua felicità a essere qui, con la maglia azzurra. I due sono profondamente distanti, motivo per cui De Laurentiis ha scelto Garcia: per rompere con un allenatore che si isolava (a Castel di Sangro l’anno scorso ha dormito persino in un altro hotel) e che ha scelto per sette mesi di vivere nello spogliatoio di Castel Volturno. Garcia, non lo farebbe mai. Garcia si vede che sa godersela. Lui, non ha paura di mostrarsi felice. Anche se viaggia sul van, saluta ogni volta che può la gente che lo riconosce ai bordi della strada. L’altro, per via anche della passione per la bicicletta, al campo di Carciato ci andava sulle due ruote, sfrecciando senza steward alle calcagna (impossibile reggere il suo passo sulla salita che porta alla piazza del paesino), fermandosi ogni volta che un capanello di persone lo riconosceva e lo chiamava a sé. Ma dietro questa facciata, si nascondeva la malinconia.
Fonte: Il Mattino