Un pezzo di storia del Napoli ha lasciato dopo lo scudetto: Alessandro Formisano. Dal maggio del 2006 a capo del marketing e poi head of operation del club azzurro nel lungo percorso che ha portato allo scudetto.
Formisano, qual è il bilancio di questi 17 anni nel Napoli? «Prima ancora che una squadra ed un’azienda, il Napoli è una entità metafisica che appartiene a tutti coloro che la amano e la sostengono con tutta la propria passione e ciò rappresenta il vero valore aggiunto. Lavorare in questo contesto è stato sfidante, appassionante, altamente formativo, sempre molto intenso».
Quali sono state le scelte di cui è andato più fiero? «Quando ho iniziato a lavorare nel Napoli, dopo 12 anni di esperienza nel mondo delle aziende che producono beni di lusso. E sin dal primo giorno, mi sono dato l’obiettivo di trasferire i dogmi del lusso, focalizzando il lavoro su tre macro-aree in cui ho maggiormente lavorato: le operations, i ricavi e il marketing in senso stretto. Sul piano delle operations abbiamo raggiunto un livello di efficienza e sicurezza percepita all’interno dello stadio che è motivo di grande orgoglio: il Maradona è un posto dove le famiglie possono trascorrere ore in totale sicurezza. E sul piano dei ricavi abbiamo ottenuto un consenso in termini di percezione di valore e di reputazione da parte dei consumatori, che ha reso possibile portare avanti tantissime scelte, anche fuori dagli schemi abituali del calcio, e di cogliere talvolta risultati inaspettati».
Quali le difficoltà principali nella gestione dello stadio? «Ho alcune foto del 1958 che mostrano la fase finale di costruzione dell’impianto all’interno di un quartiere già allora altamente popolato. Questo probabilmente ha costituito e costituisce il vulnus maggiore dell’impianto e conseguentemente lavorare in questo contesto, per migliorarlo giorno dopo giorno, ha costituito una delle sfide più difficili ed è sempre stato estremamente complicato».
Quanto è cresciuto il brand Napoli? «Secondo gli ultimi dati di Brand Finance quello del Napoli è uno dei valori di marca sportivi cresciuti di più negli ultimi anni: 275% dal 2011 ad oggi, raggiungendo quasi 180 milioni di euro solo in termini di valore del trademark. È questo, senza dubbio, uno dei risultati più importanti raggiunti anche attraverso la gestione coordinata delle operazioni e del marketing. Il Calcio Napoli è stata tra le prime società a intuire la necessità di mettere insieme le operations e il marketing».
Quali sono stati i momenti più esaltanti della sua gestione? «Senza dubbio la mostra-museo dedicata alla storia del Napoli realizzata al Mann in occasione del 90° anniversario della società. Credo che abbiamo lasciato una traccia unica».
Il rapporto con i giocatori e gli allenatori? «Con quelli all’inizio si è lavorato insieme veramente come in una start-up che non era solo sportiva. Una traccia indelebile l’ha lasciata Maradona, che diverse volte è stato a Castel Volturno e in trasferta con noi Madrid nel 2017. Mi ha colpito il sentimento dei napoletani nei confronti del club, quando c’è stata la sua scomparsa. I napoletani sentivano Maradona parte della famiglia Calcio Napoli e quello che accadde in quei giorni resterà un ricordo indelebile».
Perché ha lasciato il Napoli? «Sì è chiuso un ciclo. E tutti abbiamo voglia di nuove sfide magari anche in altri settori, non solo nel calcio».
Il Mattino