Il commento di A. Giordano:
“In questo calcio che guarda spesso altrove, ormai privo non soltanto di bandiere o di fede ma di umanissimi ideali, Victor Osimhen sceglie di uscire dal coro, di parla re liberamente di sé, di traccia re un orizzonte che gli appartiene e sembra diffondere un’aria nuova in questo micro-universo vizioso e pure un po’ viziato dal pensiero unico. Fino a prova contraria, e questo soltanto il tempo potrà stabilirlo, nel messaggio che pare privo di melassa tanto al chilo e nel quale si scorge un richiamo sentimentale, Napoli è il suo futuro, a prescindere da ciò che potrebbe turbare lui o De Laurentiis , da quelle tentazioni che il mercato – un diavolo senza fissa dimora – è capace di scatenare. Pur consapevole dei rischi che l’estate nasconde nelle sue bolle d’afa, l’Osimhen che parla direttamente a Napoli da casa, dalla Nigeria, dalle vacanze, esprime concetti limpidi come l’acqua di fonte, più da sognatore che da leader – o forse mettendoci dentro un po’ l’uno e un po’ l’altro – e confessa le sensazioni più intimistiche, il vissuto e pure le prospettive più immediate: sa bene, e ciò è chiaro, d’andare incontro al pericolo che le follie possano ancora investire lui e il Napoli ma, incurante della sfida, si lascia contagiare dalle languide emozioni del passato che proietta al di là di ogni ragionevole dubbio. C’è in lui, in quella sincera allegria avvolgente che lo spinge a rappresentarsi come vuole, andandosene anche in giro con la maglia di Maradona del primo scudetto , un profondo senso di appartenenza, un’autorevolezza a segnare un’epoca, per sé e per Napoli che l’ha rapito, e nell’evoluzione dialettica si nota qualcosa che sa di Diego, erede d’una città alla quale fece da scudo, che trascinò fuori dai confini melanconici del nulla cosmico, che fu sua per sette anni infiniti e ancora lo è. E lo sarà sempre. Non c’è alcun accostamento tecnico tra il padreterno che ha trasformato definitivamente a Napoli il calcio in religione, e però si coglie nell’ultimo dio (la minuscola, ovviamente) il desiderio di accarezzare quella gente – la sua – per ricoprirla di un’affettuosità che non è speciosa, non allunga promesse per l’eternità ma spruzza gocce di romanticismo che fanno bene all’anima”.
Fonte: CdS