Napoli/Salernitana, se è il caso, intervengano i presidenti

Sarebbe un errore ridurre le vicende che hanno riguardato lo scrittore de Giovanni e il professore Quagliariello – gli inviti a non presentare i loro libri a Salerno in quanto tifosi del Napoli – a uscite fuori luogo di due consiglieri comunali.
Il discorso sulla rivalità tra le due tifoserie è serio ed è auspicabile che il Napoli e la Salernitana si mettano al lavoro nella prossima stagione affinché queste tensioni possano scomparire. L’intervento istituzionale del governatore De Luca, che è stato alla guida del Comune di Salerno prima di diventare presidente della Regione Campania, è stato forte e autorevole.
Ma si deve andare oltre, spostando il discorso dalla polemica – spesso fine a se stessa – all’intervento da attuare affinché il derby campano di serie A sia un grande evento e non un motivo di preoccupazione per la sicurezza.
Ricordiamo con nostalgia cosa accadeva negli anni Ottanta, quando arrivò Maradona a Napoli. Nell’agosto dell’85 la Salernitana chiese l’inversione di campo per il derby di Coppa Italia (troppo piccolo il vecchio stadio Vestuti) e al San Paolo fu una festa, così come puntuale era il boato di esultanza dei tifosi granata che assistevano alla partita della loro squadra in serie C se arrivava via radio la notizia di una rete degli azzurri. Ma vent’anni fa, o poco più, questa affettuosa relazione si è infranta. Le squadre si sono ritrovate avversarie in serie B e sono cominciati episodi di violenza, verbale e fisica, tra le tifoserie. Gli sfottò si sono trasformati in minacce, l’aria si è inquinata. E nel tempo il rapporto non è migliorato. Anzi. Alle partite a Salerno non ci sono tifosi del Napoli e viceversa. Sbagliato andare alla ricerca di “colpevoli”. Non ce n’è uno. Queste sono purtroppo macchie su due tifoserie che hanno una grande tradizione.
Quando la Salernitana riconquistò la serie A (10 maggio 2021), nelle strade della città si ascoltarono non soltanto cori dedicati ai calciatori granata ma anche insulti verso Napoli e i napoletani. Pochi mesi fa, mentre gli azzurri volavano verso il terzo scudetto, alcuni capi ultrà dell’Arechi diffidarono i napoletani residenti a Salerno: niente bandiere ai balconi e niente striscioni. A inizio maggio il prefetto dell’Aquila ha chiesto ai dirigenti della Salernitana di modificare il programma della preparazione precampionato affinché i granata e gli azzurri non si trovassero a pochi chilometri di distanza nello stesso periodo. Proprio per timore di contatti (cioè di scontri) tra le tifoserie. Meglio prevenire che assistere a violenze e magari fare il conto di danni e feriti.
Da un lato e dall’altro, in certi ambiti della tifoseria, vi sono stati comportamenti sbagliati, tali da spingere il Viminale a bloccare le brevi trasferte a Salerno e a Napoli. Il problema, dunque, non è soltanto il censurabile “invito” di due consiglieri salernitani a de Giovanni e Quagliariello. È più profondo e deve richiamare l’attenzione di due grandi figure della nostra industria calcistica, i presidenti De Laurentiis e Iervolino (nella foto). Già un anno fa Iervolino assicurò attenzione su questo caso, intervenendo a un dibattito in occasione dei 130 anni del Mattino. De Laurentiis, quasi al termine dell’ultima trionfale stagione, si è avvicinato ai gruppi ultrà delle due curve del Maradona dopo una dura contestazione (e l’apertura di un’inchiesta della Procura) perché ha voluto aprire un dialogo anche con essi e contribuire a rendere compatto l’ambiente.
Napoli e Salernitana si preparano per un altro importante campionato. Gli azzurri avranno lo scudetto sulle maglie, i granata giocheranno per la terza volta di fila in serie A. Vedere le due tifoserie assistere allo spettacolo dei derby – come accade dovunque in serie A – non deve essere più un banale auspicio ma un convinto impegno di club che guardando al futuro non possono continuare ad avere sulle spalle il peso di questa contrapposizione sbagliata e anacronistica.
F de Luca, Il Mattino
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