Prandelli sul Napoli: “Anche se arrivassero offerte irrinunciabili, ha dimostrato di saper scegliere i sostituti”

L'intervista all'ex CT dell'Italia
Cesare Prandelli, l’ultimo CT dell’Italia capace di qualificarsi a un Mondiale, è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport, trattando diversi argomenti, a cominciare dal suo addio al mondo del calcio: “Ho sentito disagio, un muro di silenzio. Ho capito che avevo bisogno di staccare. Ora però è passata e seguo sempre il calcio con passione“.
Come spiegherebbe il Mondiale a un ragazzino che nel 2026 avrà 12 anni e non ha mai visto l’Italia parteciparvi?
Gli direi che è la cosa più bella che ci sia. Racconterei come l’ho vissuto io nel 1970. Non vedevo l’ora. Poi uscivo in strada e provavo a rigiocare le partite viste in tv. Quando trasmetti la capacità di sognare hai già vinto. Allora c’era più partecipazione. Le dico solo che quando Gigi Riva in Nazionale veniva nella stanza, io e il mio staff ci alzavamo in piedi, mettendolo persino in imbarazzo. L’azzurro univa tutti. Ora invece si tifa solo per i club“.
E perché?
Perché la Figc e la Lega sono come mamma e papà: se vanno d’accordo trasmettono messaggi positivi, se hanno contrasti diventa naturale che si seguano solo i club e solo se vinci tutti salgono sul carro. Vince la faziosità“.
Galliani ha detto un Pallone d’Oro non giocherà più in Italia per tanti anni.
Quando uno come lui dice cose del genere fa riflettere. Forse i fenomeni saranno ancora all’estero per alcuni anni, eppure il calcio italiano tanto bistrattato ha dimostrati di poter competere ad alto livello. Il materiale c’è“.
Però ci siamo fermati.
“Sì, da quando abbiamo cominciato a dire che tatticamente eravamo i più bravi del mondo. La tattica va bene, ma non basta. Io fino ai 15 anni la abolirei. Si dice che non abbiamo più cannonieri: ma come sono cresciuti? A 7-8 anni gli si chiede di fare la sponda, di fare l’appoggio. L’area di rigore deve essere la loro casa. Se non alleni il talento, lo perdi“.
L’Atalanta è stata uno straordinario serbatoio per i grandi club. Ha l’impressione che la Serie A sia diventata l’Atalanta della Premier League?
Forse sì, ma puoi farcela lo stesso. Il progetto non deve essere solo economico, ma tecnico“.
E ora con i soldi arabi?
Per 4-5 determineranno certe scelte, ma non hanno futuro. C’è l’immediato. Non troveranno Ronaldo o Benzema ogni anno“.
Tre italiane finaliste nelle Coppe: è un miracolo o no?
No, non lo è. Vuol dire che hanno strutture societarie e tecniche capaci. Bisogna ripartire da lì. Penso a tre giocatori simbolo. Barella per l’Inter: ha spirito, carattere e determinazione da protagonista. Bonaventura per la Fiorentina: ha fatto una stagione pazzesca tecnicamente e come leader. Dybala per la Roma: se lo avesse avuto al 100% tutto l’anno avrebbe fatto qualcosa di straordinario. Puoi avere mille schemi, ma lui ti dà la cosa più importante nel calcio: l’imprevedibilità“.
Maldini che va via dal Milan, la Juve che rischia le Coppe: è un segno dei tempi?
Una bandiera che ha riportato lo scudetto e non trova l’accordo sorprende. Bisogna capire che cosa vogliono questi che sono fondi d’investimento. Ricordiamoci che vogliono guadagnare. Sulla Juve dico solo che a livello d’immagine per il calcio italiano non è bello, però esistono le regole e vanno rispettate“.
Deve lavorare più il Milan o la Juve per risalire?
La Juve. Deve cambiare rotta nelle scelte. Due o tre grandi campioni ok, poi ci deve essere una base solida che lavora per loro. Altrimenti, più talentuosi metti, meno squadra sei“.
Se il Napoli vendesse Kim e Osimhen, resterebbe sempre la squadra da battere?
Dovrebbe esserci una legge che obbligasse il Napoli a vincere lo scudetto una volta ogni 3-4 anni. È stata una festa così bella da aver coinvolto tutti… Se la squadra rimane così, può arrivare anche in finale di Champions. Spalletti ha creato qualcosa di irripetibile. Ma se arrivassero richieste irrinunciabili, hanno dimostrato di saper scegliere le persone giuste per mantenere competitività“.
A proposito di idee giuste, ai suoi tempi non si era troppo fissati col sesso?
Certo. Si arrivava in una squadra e quelli più anziani dicevano: “Mi raccomando, certe posizioni non si fanno. Dal mercoledì in poi nulla perché si bruciano energie”. Poi hanno scoperto che se fai un buon sesso, puoi stare anche molto meglio“.
I calciatori ora sono più professionisti rispetto al passato?
Sì. Noi avevamo più voglia di trasgredire. Ora arrivano troppo impostati, come soldatini. Ricordiamoci che questo è un gioco“.
Si parlato spesso di “bad boys”. Gente che avrebbe potuto fare di più in carriera. Le è capitato di vedere il contrario, cioè ragazzi che stavano per perdersi è invece si sono rimessi in carreggiata?
Molti di più. Magari con l’esempio dei compagni hanno messo da parte l’anima ribelle. Faccio solo un nome: Mutu. In settimana magari lo cacciavo dall’allenamento, però in campo non ha mai tradito i compagni“.
Lei ha detto che, prima della morte di suo padre, era un «teppistello»: cosa combinava?
Non mi sentivo responsabile ed ero troppo vivace. Le dico solo che in seconda media la professoressa d’italiano dopo venti giorni andò dal parroco, dal sindaco e dal capo dei vigili per capire da quale famiglia provenissi, ma poi è stata brava a gestirmi“.
Lei è credente: le è mai capitato di pregare per il calcio?
Macché. La preghiera che dici prima di entrare è per non farsi male. Il Signore ha cose più importanti a cui pensare“.
La fede dice che si risorgerà con la carne: allora si giocherà a calcio anche nell’altra vita.
Bella questa cosa… Quando penso all’aldilà, penso ai miei cari che sorridono. Sono convinto che sarà così. Magari allora giocheremo ancora tutti a calcio“.
E senza bisogno di arbitri, perché si dirà sempre la verità.
E allora sarà un problema, perché così vinceranno sempre i più forti…“.
Fonte: Gazzetta dello Sport
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