Mpasinkatu: “Osimhen? 150 milioni sono tanti anche per un top, se non verrà ceduto…”

A “1 Football Club”, programma radiofonico condotto è intervenuto Malu Mpasinkatu, direttore sportivo:
Come valuta l’ingresso di tutte queste risorse saudite nel calcio europeo?
“Il rischio, per qualcuno, è che non si riesca a trattenere certi giocatori. Fino a qualche settimana fa c’era soltanto il timore che la Premier potesse far saltare il banco, insieme al Psg. Oggi c’è anche il campionato saudita, che segue una strategia legata al Mondiale del 2030 e di poter dare lustro al proprio calcio. Non resta che conviverci e monetizzare quando possibile, puntando allo scouting per rimpiazzare al meglio i giocatori partenti”. 
Giusto rifiutare 150 milioni per Osimhen?
“Bisogna essere all’interno di certe situazioni per potersi esprimere. Mi sembra un po’ un’esagerazione rifiutare 150 milioni… Anche per un top attaccante sono davvero tanti soldi. Magari, alle prime difficoltà, il calciatore potrebbe cominciare ad avvertire i mal di pancia di una cessione mancata. I matrimoni, però, si fanno in due, e se società e giocatore sono unti per proseguire in armonia è una cosa, se invece una delle due parti non si è convinti non si parte con il piede giusto”. 
Il Napoli opera, ad oggi, senza direttore sportivo: come giudica questa scelta?
“Il Napoli sta operando con Micheli che, oggi, è un direttore sportivo a tutti gli effetti. Lui e Mantovani sono sempre stati dietro le quinte, pur lavorando al fianco di Giuntoli in questi anni. Li ho conosciuti nel corso da direttore. Oggi, il ruolo del direttore sportivo è cambiato. È coordinatore di un’area scouting e assume decisioni di concerto con un gruppo di lavoro, pur essendo il volto del mercato”. 
Sente ancora Maurizio Micheli?
“Assolutamente, sono in contatto con molti colleghi. Parliamo sempre di giocatori. L’anno scorso, infatti, dopo l’acquisto di Kvaratskhelia, fui il primo ad annunciarne l’esplosione. Sicuramente un merito l’essersi sbilanciato su un calciatore sconosciuto ai più, ma anche frutto dell’esperienza e della conoscenza del nostro mestiere. Chi fa il nostro lavoro, d’altronde, è chiamato ad anticipare i tempi”. 
Scalvini profilo giusto per sostituire Kim?
“Può essere il giocatore giusto, a patto che non si ecceda nella pressione a cui sono usualmente posti i giocatori italiani. Mi vengono in mente Caldara o molti altri giocatori che, lasciata l’Atalanta, promettevano molte più fortune di quelle che, invece, non sono stati in grado di concretizzare. L’impatto con nuove pressioni, e l’aver lasciato un ambiente felice, e sicuro, come Bergamo può aver influito. Tuttavia, Salvini ha tutte le qualità per essere uno dei centrali più forti non soltanto in Italia, ma anche in Europa. Bisognerà vedere se Garcia vorrà avvalersi di un difensore più pronto, ed in tal senso si è parlato molto di Ganso. L’austriaco è un giocatore che, dopo una grande stagione con il Lens, avrebbe potuto fare al caso del Napoli”. 
Le facilitazioni del decreto crescita sull’acquisto di calciatori stranieri possono ledere ai giovani giocatori italiani?
“Secondo me, no. Sono sempre stato dell’idea che, se un giocatore è forte, prima o poi è chiamato ad affermarsi. Si parla sempre degli stranieri, ma anche gli altri campionati hanno i calciatori stranieri, eppure i loro talenti riescono ad esplodere lo stesso. Ciononostante, non ne faccio mai una questione nazionalista. Se ho un giocatore italiano bravo punto su di lui, ma se ho un calciatore straniero ancor più valido allora scelgo lo straniero”. 
Crede che, alla fine, Giuntoli riuscirà a liberarsi dal Napoli?
“Nella vita, quando si è professionisti e si pensa di aver dato tutto in un ciclo concluso magicamente, è comprensibile avvertire la voglia di una nuova sfida. Nel lavoro non ci sono solo i soldi, ma anche gli stimoli. Credo che un direttore, che ha sempre dato tutto per il Napoli, l’approdo all’eterna rivale sia il raggiungimento importante nella propria carriera. Ciò detto, non credo di sbagliarmi se dico che il primo o il due luglio può essere la data dell’annuncio di Giuntoli in bianconero”. 
Perché gli allenatori, a Napoli, durano al massimo tre anni? È così difficile lavorare con De Laurentiis?
“È difficile lavorare un po’ con tutto l’ambiente azzurro. Tutti mi raccontano di una piazza in cui tutti vorrebbero lavorare ma che, nel bene o nel male, ti ingloba e che, a volte, ti toglie il respiro. Una piazza viscerale e passionale. Due anni a Napoli equivalgono a cinque in altri contesti. Va anche riconosciuto, però, come le soddisfazioni a Napoli sono gioie che porti con te per tutta la vita. Sono sicuro che Spalletti, nel suo anno sabbatico, potrà conservare il ricordo delle emozioni regalate ad una città intera”. 
Napolinews
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