A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Stefano Caira, agente Fifa, ex direttore sportivo della Roma ed ex procuratore di Francesco Totti:
Cosa ha convinto, di Rudi Garcia, il presidente De Laurentiis?
“Se dobbiamo paragonarlo a Spalletti, sinceramente, credo che siano due persone molto diversi uomini, anche se entrambi amano avere la palla tra i piedi. È questo, difatti, ciò che indotto principalmente alla scelta del francese. Il possesso palla, il tipo di gioco, la verticalizzazione, queste sono le motivazioni del suo approdo a Napoli. È un grande comunicatore ed una persona tranquilla, quel che forse ci voleva per il Napoli. Soprattutto, era tra i tecnici ancora liberi”.
Una scelta che, per molti, va spiegata anche in virtù del suo ipotetico assenso alle operazioni di mercato?
“Assolutamente no. È una persona seria e quadrata, capace di mantenere le proprie idee nonostante sia un tecnico con cui si può ragionare. Con tutto il rispetto, possiamo dire non sia un Antonio Conte…”
L’allenatore francese partirà dal 4-3-3 ma variando anche in corso d’opera?
“E’ un allenatore che anche a Roma ha cambiato più volte modulo in base alle esigenze. È quel che rientra tra le peculiarità dell’allenatore. Molto dipenderà dal calciomercato, naturalmente, ma anche e soprattutto da quel che può accadere in una stagione. Eventuali assenze e defezioni potrebbero indurre Garcia a possibili variazioni tattiche. Ciò detto, Rudi può garantire continuità al progetto di Luciano”.
Garcia ricordato per non mai litigato con i calciatori come invece si è detto di Spalletti con Insigne, Icardi e Totti: può, invece, riuscire ad imporre il peso della sua carriera e del suo carisma nello spogliatoio?
“Queste sono le novelle del calcio, bisognerebbe sempre capire. In alcune delle situazioni citate, l’allenatore potrebbe aver seguito delle indicazioni societarie. Un club può assumere un tecnico con delle prerogative ben precise, a cui il coach può essere tenuto ad attenersi. Ciò detto, è indubbio che possa farsi rispettare, altrimenti non sarebbe capace di fare l’allenatore. Ogni tecnico fa pesare la propria personalità, chi attaccando i calciatori all’attaccapanni dello spogliatoio, chi parlando molto chi, infine parlando il meno possibile. Garcia è uno di questi, parla fino ad un certo punto ma poi si fa come dice lui”.
David può essere l’erede di Osimhen?
“David è un giovane molto promettente. Dovrà crescere molto per poter eguagliare il livello di Osimhen e Garcia lo conosce molto bene. Se io fossi il direttore del Napoli cercherei di eguagliare il sogno di entrambe le parti… Mi spiego. In questo momento, non ci sono molte punte sul mercato, ed in caso di cessione punterei su Ciro Immobile. In tal modo si potrebbe consentire a Raspadori e Simeone di crescere, garantendosi una sicurezza di reparto per diversi anni. È un giocatore che può ancora garantire due anni di alto livello, pur con la fiducia di cui necessita”.
È possibile gestire una società senza direttore sportivo, come nel caso del Napoli?
“Non voglio entrare nei rapporti di questo genere, è una situazione molto particolare. Il Napoli, tuttavia, può contare anche dell’apporto di Garcia sul mercato, oltre che di Maurizio Micheli. Il capo scout del Napoli è ormai una garanzia a livello mondiale”.
Quanto visto al Milan con Moncada e l’addio di Maldini e, recentemente, con Giuntoli al Napoli dimostra che in futuro ci saranno. sempre meno direttori sportivi e sempre più uffici tecnici?
“Il calcio si evolve in continuazione. All’inizio esisteva soltanto il direttore sportivo, poi anche i presidenti hanno cominciato ad inserirsi nelle dinamiche di mercato conoscendo la bellezza del mondo calcistico e facendo sì che anche il direttore stesso perdesse parte della sua operatività. Oggi è la figura dello scout che sembra acquisire sempre maggiore peso, sia sul mercato che in quelle funzioni di gestione che prima attenevano principalmente il direttore sportivo.
Un discorso di convenienza che porta i presidenti a ritenere utile pagare una sola delle due figure. Il direttore sportivo, nel calcio di oggi, si affida molto agli scout. Quelli di un tempo, invece, tendevano anche un po’ ad innamorarsi dei calciatori. Mi viene in mente Sabatini, che difendeva i propri calciatori come fossero figli. Nei confronti dell’esterno era molto protettivo, anche se in privato poteva anche essere duro”.
È d’accordo con la conferma di Allegri e Mourinho?
“Per quanto riguarda la Roma possiamo dire che sono i risultati a determinare le scelte, al di là di ogni valutazione personale. Josè vanta traguardi importanti, con una finale di Europa League ed un trofeo, lo scorso anno, che, a quanto pare, non è la coppa del nonno che molti credevano fosse. Risultati più che positivi raggiunti con una squadra che, al dire il vero, è poco più che normale. A ciò va aggiunto un contratto ancora in essere per il tecnico portoghese. Per Allegri sono subentrate tante logiche aziendali che, probabilmente, hanno portato la nuova dirigenza a crearsi uno scudo”.