Riannodare il filo dieci anni dopo non sarà un’operazione semplice. Dieci anni fa Walter Sabatini portò Rudi Garcia a Roma. Molti aspettavano Allegri, nessuno immaginava che il nuovo allenatore sarebbe stato un francese, due anni prima vincitore della Ligue 1 col Lilla. L’obiettivo era il primo posto anche in Serie A e per due stagioni di fila gli sfuggì non di molto e sempre per colpa della Juve. Dieci anni dopo quel debutto italiano Aurelio De Laurentiis, in prima persona, lo ha voluto a Napoli per offrirgli una nuova possibilità. Ora la Juve non fa più paura. Semmai è il contrario, è la Juve ad aver paura del Napoli.
E forse questo intreccio bianconero può aver inciso nella scelta delaurentiana: Garcia è un nemico storico della Juve dai tempi in cui suonava il violino, tempi rinfrescati nella Champions 2019-20 quando il suo Lione mise fuori il Ronaldo juventino agli ottavi. In conferenza stampa, Rudi inviò questo messaggio: «Devo chiamare i miei amici a Roma, li abbiamo eliminati!». Il titolo di anti-bianconero è un bel modo di presentarsi al Maradona.
Garcia era arrivato a Roma dopo l’anno del 4-3-3 di Zeman, poi sostituito da Andreazzoli. E’ anche una delle ragioni per cui arriva a Napoli al posto di Spalletti. Non scardinerà la squadra, mica è pazzo, proseguirà in quella direzione anche se negli anni successivi alla Roma il suo calcio è passato anche attraverso moduli diversi. Per restare all’Olympique Lione, vinse la sfida con la Juve (e altre ancora in quella stagione) col 3-5-2, con Denayer, Marcelo e Marçal in difesa. In ogni caso, se non cambierà il modulo, a Napoli potrebbe cambiare un po’ il movimento della squadra, la sua parte offensiva.
Con Spalletti la squadra teneva palla e la faceva girare che era una bellezza, con eleganza e velocità, con tecnica (che resterà invariata, si spera per il Napoli) e ragionamento. Garcia alla Roma puntava di più sulla verticalizzazione, aveva un lanciatore come Totti, il miglior lanciatore del calcio italiano degli anni Novanta/Duemila, per gli scatti di Gervinho e successivamente di Salah.
CHI FA LA LAVATRICE?
Nella Roma trovò un giocatore straordinario che Rudi chiamò “lavatrice”, Kevin Strootman: «Gli dai un pallone sporco, lui lo ripulisce e lo rimette a disposizione della squadra». Era una pedina fondamentale per il suo gioco, nel Napoli l’unico centrocampista che si può in qualche modo avvicinare all’olandese è Anguissa, anche se le caratteristiche sono differenti. Non ha Totti semplicemente perché non esiste un altro Totti, purtroppo. Però ha un centravanti che saprà sfruttare come ha fatto Spalletti: lanciato (da Lobotka o da Zielinski) in profondità, Osimhen diventa imprendibile. Se nella prima Roma (2013-14) riuscì a spingere Mattia Destro al suo record personale di gol (13) segnati in 20 partite (gli bastarono per diventare il capocannoniere della squadra), chissà cosa può fare con Osimhen.
LE ASPETTATIVE
Nei suoi 25 anni di carriera ha allenato una sola volta una squadra campione nazionale, il Lilla, e quel campionato lo aveva vinto lui. Arrivò terzo. Non ha mai allenato una squadra da cui tutti si aspettano quanto meno il bis. Certo, anche la Roma aveva lo scudetto come obiettivo, ma il Napoli lo ha già vinto ed è arrivato ai quarti di Champions, le aspettative aumentano e non di poco. L’eredità di Spalletti è pesantissima, Garcia dovrà reggere l’ambiente e le sue pressioni, dovrà dimostrare che la parentesi in Arabia (tanti soldi, poco calcio, almeno per come lo intendiamo noi) è stata appunto una parentesi. Avrà gli occhi addosso di tutta la Serie A, ma non deve temere: lo ha scelto De Laurentiis, in prima persona.
Fonte: CDS