L ’ultimo velo è caduto alle 20.45 di un giorno apparentemente normale e pure invece straordinariamente speciale per Rudi Garcia: la sua Italia, quella che aveva lasciato nel 2016, rinasce da Napoli e porta con sé il fascino e la responsabilità di uno scudetto da difendere con quella faccia da attore consumato, contiene il richiamo seducente della Champions League – il sogno di chiunque, dunque anche il suo – e traccia un orizzonte nuovo, forse insperato, nella sua carriera da inguaribile romantico.
Quando Aurelio De Laurentiis cinguetta via twitter che ha «il piacere di annunciare, dopo averlo conosciuto e frequentato durante gli ultimi dieci giorni, che il signor Rudi Garcia sarà il nuovo allenatore del Napoli», sta cominciando un altro ciclo, biennale con opzione sul terzo anno che oscilla intorno ai 3 milioni netti, che stavolta nasce completamente sotto la responsabilità assoluta d’un presidente che ha voluto scegliere e decidere da solo, senza contraddittori, in assoluta e totale autonomia tecnica, fidandosi di se stesso, del proprio istinto, di un fiuto nell’annusare l’aria e gli interlocutori.
DA SPALLETTI A SPALLETTI. E forse si compie anche una nemesi, vallo a capire questo calcio e questa esistenza, che sa di incroci dolci o anche diabolici, sembrano persino cinematografici: Rudi Garcia andrà a sedersi su quella panchina che è stata di Luciano Spalletti, al quale il 13 gennaio del 201 6 aveva ceduto quella della Roma. L’eredità gli viene affidata al termine di un percorso lungo, articolato, consumato passando dal Lione, che in Champions si esalta eliminando la Juventus agli ottavi e il City ai quarti , fermandosi in semifinale con il Bayern. Ma il m ondo di Garcia è ampio, senza limiti e senza confini, e il biennale con l’Al-Nassr sembra una resa alle pressioni del Vecchio Continente di tornei ossessionanti, la ricerca di una stabilità emozionale che invece viene archiviata due mesi fa, il 13 aprile, con la risoluzione consensuale dal club arabo, consumato dopo che i rapporti con i calciatori, CR7 incluso, si sono complicati, forse deteriorati. La palla è rotonda…
BATTUTI. Dalla (presunta) lista dei quaranta, esce trionfatore Rudi Garcia, finito dentro la sfida con il suo connazionale Christophe Galtier e con il portoghese Paulo Sousa, porterà con sé il richiamo del 4-2-3-1 e però anche del tridente che è una specie di filosofia aziendale e ripenserà alla sua Italia, che un (bel) po’ conosce, essendo stato protagonista con la Roma, al debutto, di un avvio reso travolgente dalle dieci vittorie consecutive, infiocchettato poi da due secondi posti, sempre alle spalle della Juventus invincibile prima con Antonio Conte (quella dei 102 punti) e poi con Massimiliano Allegri, all’alba della sua cinquina bianconera.
LA SCALATA. Una vita consumata in larga parte in Patria, tanto Lille (per cinque anni), dopo gli esordi con il Saint Etienne, con il Digione, con il Le Mans: un lustro arricchito dalla conquista della Ligue 1 e della Coppa di Francia (battendo il Psg in finale), del riconoscimento come miglior allenatore francese, d’una carriera che raggiunge vette insospettabili per un allenatore che all’epoca ha 46 anni. Napoli è una vetrina abbagliante, l’accoglie mentre (ovviamente) ancora luccica del calcio inebriante di Luciano Spalletti, gli consegna una squadra che ha demolito il campionato sistemando tra sé e le altre distanze siderali, lo ricolloca in Champions League e lo aiuterà a dimenticare persino Cristiano Ronaldo.
Fonte: CDS