Giornata triste per il calcio italiano ieri, ancora di più perchè quando sembra che si sia toccato il fondo, ecco che si sprofonda sempre più giù. Due sono stati gli episodi eclatanti che hanno caratterizzato una giornata da dimenticare. Il primo è l'”aggressione” nell’aeroporto di Budapest da parte di un gruppo di tifosi romani all’arbitro Taylor, che era con sua moglie e la sua giovane figlia, reo a quanto lo accusano, di non aver concesso un rigore ai giallorossi nella finale di Europa League contro il Siviglia, vincitore del trofeo, alla Puskas Arena di Budapest. Il direttore di gara è stato costretto ad essere scortato verso l’uscita dalla polizia, ed il terrore negli occhi della moglie e della ragazzina erano evidenti. Se si pensa che il calcio dovrebbe essere divertimento, passione e sana competizione, allora il quadro che ne emerge è davvero sconcertante.
Non è finita qui, in terra nostrana, un altro episodio ha rischiato di degenerare, precisamente quasi al termine della partita Brescia-Cosenza. Nel finale di gara, esattamente al 97′, dopo il gol del pareggio della squadra ospite, che ha sancito la retrocessione dei lombardi in Serie C, c’è stato un lancio di fumogeni ed un’invasione di campo, dove si è evitato il peggio solo perchè l’arbitro Massa, dopo il fischio finale ha invitato tutti ad andare negli spogliatoi. Scene da Far West, con la polizia sul terreno di gioco a vigilare, mentre c’era la sospensione per l’invasione di campo, per evitare scontri e aggressioni.
Insomma tutto questo non è calcio, c’è solo un termine con cui si possono spiegare certi atteggiamenti, e certi slanci: violenza. E allora non bastano evidentemente gli appelli, le scritte “slogan”, la volontà di allenatori e calciatori, ci vogliono pene più severe, chi va allo stadio per sfogare frustrazioni e rabbia deve essere punito, ed allontanato.
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