Ho visto Kvaradona: il georgiano ha colmato un gap generazionale

Con le sue giocate e il suo estro ha fatto rivivere un calcio mai visto dalle nuove generazioni

KVARADONA – Il soprannome “Kvaradona” sembra un fardello bello pesante per il giovanissimo Kvaratskhelia, georgiano classe 2001 arrivato a Napoli in punta di piedi e che ha fatto subito innamorare i tifosi partenopei. La curiosa unione della prima parte del suo cognome con la seconda di quello di Diego, non è stata gradita subito ai supporters azzurri, eppure il georgiano ricorda tanto un calcio che in Italia non si vedeva da tempo.

TATTICA E LIBERTÁ – Il calcio italiano è fatto molto di tatticismo come, in generale, il calcio moderno: si punta più sul gioco di squadra, la facilità del palleggio e la verticalità per arrivare in area avversaria e creare azioni offensive. Il gioco di Spalletti ricalca in linea di massima questi principi e sembra che per la tecnica individuale non ci sia spazio, se non per assist o verticalizzazioni rapide e improvvise. Invece, Kvaratskhelia è l’unico giocatore del Napoli con la libertà di svariare su tutto il fronte offensivo, tanto che spesso gioca come trequartista o ala aggiunta sulla destra, liberando lo spazio al terzino e la mezzala sinistra sulla fascia opposta e, solitamente, di sua competenza. Cosa vuol dire tutto ciò? Che Spalletti ha riconosciuto che il suo talento non può essere ingabbiato in dettami tattici strettissimi e che lasciarlo libero negli ultimi 20 metri era il modo migliore per esprimerlo al meglio creando anche un bel grattacapo nelle difese avversarie su come marcarlo, perché è imprevedibile con la sua capacità di giocare con entrambi i piedi senza problemi. Nella fase di ripiegamento, invece, solo Osimhen è esentato dal difendere per sfruttare rapide ripartenze e palloni in avanti.

HO VISTO KVARA E MARADONA – Dicevamo, il talento di Kvaratskhelia: strappi improvvisi, dribbling anche tra più avversari, tunnel, giocate di esterno e cross uncinati, sono tutto il repertorio migliore di Kvaradona. Sembra che il georgiano sia giunto da un paese lontano dell’Est europeo per far rivivere o far vivere per la prima volta emozioni nuove. Per chi non ha vissuto l’era di Maradona e dei tempi d’oro del calcio italiano, dire Kvaradona è quasi un ringraziamento, perché le giocate del 77 azzurro sono di pura classe e creatività come non si vedeva da anni: dribbling a non finire, sempre con un’unica idea in testa, puntare l’uomo, andarsene in serpentina per segnare senza che nessuno lo fermi, quasi come avessero timore reverenziale nei suoi confronti, il gol contro l’Atalanta dove manda a sedere 3 difensori con una semplice sterzata e si prepara a tirare forte sotto la traversa. Poi, quella sensazione che quando il pallone arriva dalle sue parti può succedere di tutto: si trattiene il fiato e si aspetta una magia, un dribbling, una giocata, qualcosa che non si vedeva da tempo. Tutto questo è Kvaratskhelia, tutto questo è Kvaradona: un soprannome forse troppo grande per un ragazzo che dovrà confermarsi già il prossimo anno, ma tutto sommato il modo migliore per ringraziarlo di averci fatto vedere o immaginare cosa dovesse essere Maradona in campo.

di Simona Ianuale 

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