Serena Autieri, attrice e cantante napoletana, ha parlato a Il Mattino, esprimendo tutto il suo entusiasmo per lo scudetto appena vinto dagli azzurri.
Come nasce la passione per il Napoli, Serena?
«Come accade quasi sempre, si tratta di eredità familiari. Mio padre, mio fratello, mio cognato sono tifosi sfegatati. Sono i tipi che se li inviti a cena e c’è la partita in concomitanza, rinunciano. Oppure pongono come condizione che si veda prima la partita, tutti seduti a tifare. Io sono nata quindi con questi globuli azzurri e non potevo che diventare una supporter della squadra della mia città. E, come è giusto che sia, ho trasferito questa passione anche a mio marito, che non è napoletano, e a mia figlia Giulia. I figli vanno educati bene fin da piccoli (ride, ndr)».
Era bambina nel 1987 ed adolescente nel 1990. Che ricordi ha dei due precedenti scudetti?
«I ricordi sono splendidi. Ero accanto a mio padre in auto e mantenevo io la bandiera che svolazzava fuori dal finestrino. Un carosello gigantesco, un’esperienza indimenticabile, in entrambi gli scudetti. Quel senso di appartenenza che mi faceva sentire orgogliosa. All’epoca si viveva nel mito di Diego, tutti nella sua scia».
E stavolta?
«Stavolta è stato diverso. Come una grande orchestra, tutti hanno fatto il loro assolo, tutti hanno portato un contributo. Questo credo sia stato il segreto di questo Napoli quasi invincibile. È stato costruito in maniera favolosa, con tutti i pezzi del puzzle al posto giusto. Un lavoro eccezionale in fase di mercato per sostituire chi era andato via e anche una grande organizzazione del club. Perché questo è uno scudetto che arriva da lontano. Non è improvvisato, non è un colpo di fortuna».
E Spalletti che a fine partita è già quasi proiettato alle prossime imprese?
«È un grande. Mi piace tantissimo il suo atteggiamento. Lo condivido questo pragmatismo. Senza spettacolarizzazione, senza troppi voli pindarici. È concreto. E mi ha ricordato mio padre, che era sempre proiettato alle prossime partite, quando il Napoli vinceva. Non si accontentava. Ho colto questo nelle parole di Spalletti e in quelle del presidente De Laurentiis».
E il pubblico?
«Pazzesco, incommensurabile. La passione per i nostri colori va oltre ogni confine. La festa c’è stata in ogni parte d’Italia e del mondo perché i napoletani sono ovunque. E questo affetto è stato, secondo me, anche la molla per i giocatori, per Spalletti e la società. Come si fa a non premiare una tifoseria come questa?».
Per l’occasione è stata anche sdoganata la scaramanzia con festeggiamenti e striscioni che sono comparsi ben prima della matematica certezza del tricolore.
«Sono molto scaramantica e non sono riuscita mai a sbilanciarmi troppo nei mesi scorsi. Ma quando il vantaggio è diventato enorme, la gente si è lasciata andare. Stava covando questa gioia da troppo tempo. È stata quasi irrefrenabile».
Stavolta non si parla di scudetto del “riscatto”.
«Niente riscatto, non mi piace questa parola. Questo è lo scudetto del merito, del lavoro serio, è la vittoria di una squadra superiore e di una città che non va rappresentata più con i clichè. Napoli non deve più riscattarsi. Non ne ha bisogno».
Quello “spogliarello” che aveva annunciato per lo scudetto era in realtà uno scherzo…
«Sì, avevo giocato, non è nelle mie corde. Mi vorrei anzi vestire d’azzurro e cantare in onore della squadra “‘O surdato ‘nnammurato”.