Monica Sarnelli, cantante napoletana e tifosissima del Napoli, ha parlato in un’intervista a Il Mattino. L’artista fra le altre cose ha parlato del brano che circola in rete dal titolo più vero e efficace che c’è: “Ma che Napoli”. Cantano: Maurizio de Giovanni, Gino Rivieccio, Patrizio Oliva, Gino Sorbillo, Germano Bellavia e Gianni Conte, e Monica Sarnelli ovviamente.
Una canzone per la vittoria?
«”Va miez a sta città e a cant tutt o munn”. Ca sta e casa o paravis”».
I tifosi la cantano a squarciagola.
«Un regalo che abbiamo voluto offrire ai nostri ragazzi. Sì, è probabile che diventerà un tormentone. Sentite questa strofa, quando la canto mi vengono i brividi: “anche Dio se segue il calcio tifa Napoli”. Più bella di così».
Quando ha cominciato a credere nello scudetto?
«Quasi subito. La squadra ha lavorato bene fin dall’inizio. Si capiva che avevano una marcia in più. E poi partita dopo partita lo scenario diventava sempre più chiaro e il distacco con le avversarie sempre più netto».
Dove ha visto la partita ieri?
«Per strada. Passando da un bar all’altro. L’emozione era tale che non riuscivo a stare ferma. Sono uscita con il cane ieri mattina e sono rientrata a notte fonda».
Dopo i festeggiamenti.
«E certo. Ho camminato e cantato tra selfie, sorrisi e abbracci. Siamo un popolo meraviglioso e in queste occasioni tiriamo fuori il meglio di noi».
Quando non si esagera però.
«Ho apprezzato molto gli appelli ai napoletani da parte del sindaco al rispetto delle regole. Bisogna saper festeggiare senza trasformare l’allegria in una tragedia. Un momento di gioia collettiva non può diventare terreno di scontro e di teppismo. Almeno fino a ora mi pare sia andato tutto piuttosto bene».
Che ricordo ha dello scudetto del 90?
«Nitido come se non fossero passati più di trent’anni. Erano i tempi d’oro di Pino Daniele e Massimo Troisi, io giovanissima. All’epoca cantavo con Peppino di Capri. Spesso ad ascoltarci c’era anche Maradona, lo conobbi proprio durante una di quelle serate, creammo subito un rapporto di cordialità e simpatia. Dopo lo spettacolo si cenava tutti insieme, Diego si univa a noi sempre molto volentieri».
C’è una foto che la ritrae sorridente in via De Deo ai Quartieri spagnoli accanto al murale del “Pibe” con un gruppo di turisti.
«Omaggio dovuto al più grande campione di tutti i tempi. Ho visto tifosi in lacrime davanti all’immagine di Diego Armando. Sono emozioni che non si possono raccontare, le devi provare sulla pelle tua».
Tifosa sfegatata, insomma.
«Tutta la vita. Sono una grande appassionata di calcio. Quando posso vado allo stadio e se non posso resto a casa e guardo la partita in televisione. Immaginate la felicità quando Gino mi ha proposto una canzone per lo scudetto».
È stata un’idea di Rivieccio, quindi?
«Sì, di Gino. Antonello Cascone e Bruno Di Resta hanno creato la musica. Depsa, che poi è lo pseudonimo di Salvatore De Pasquale, nostalgico e inguaribile tifoso del Napoli, e lo stesso Rivieccio hanno aggiunto il testo. Da questa alchimia è nata “Ma che Napoli”. La nostra dedica d’amore alla squadra e alla città».
A proposito di città. Che valore ha la vittoria dello scudetto?
«Enorme. A parte l’orgoglio di essere tornati campioni d’Italia questa vittoria deve farci che capire che ce la possiamo fare. Napoli ha grandi potenzialità, dobbiamo solo essere capaci di sfruttarle al meglio».
Il periodo poi è particolarmente favorevole.
«Mai vista tanta grazia. Il terzo scudetto degli azzurri arriva nell’anno in cui Napoli sta godendo di una ribalta internazionale senza precedenti, un’attenzione mediatica che l’ha proiettata al ruolo di meta più ambita d’Italia, di certo la più vivace. Anche i rioni un tempo trascurati – penso ai Quartieri Spagnoli, alla Sanità – hanno cambiato faccia e trasformato il loro destino, aprendosi all’accoglienza e dunque a una ritrovata offerta culturale e sociale. Avanti così: siamo sulla strada giusta».