ADL: «Luciano è il mio mito: avanti con lui. Non venderò Osimhen»

Tutti i presidenti e i dirigenti si sono alzati in piedi quando ha fatto il suo ingresso nella sala dell’Hotel Gallia dove si è tenuta ieri l’assemblea della Lega Calcio. Uno a uno gli sono andati incontro, a cominciare dall’ex ministro dello sport Luca Lotti ora manager nell’Empoli di Corsi. Non è un giorno come gli altri per Aurelio De Laurentiis: ha dormito poche ore per essere puntuale all’appuntamento in Lega. Con lui l’ad Andrea Chiavelli e il capo della comunicazione, l’uomo chiave del nuovo corso con la tifoseria, Nicola Lombardo. Di Spalletti, Osimhen, Kim e tutto il resto c’è tanto tempo per parlare. Ora è il momento di godersi lo straordinario sapore del trionfo. La festa del Maradona è ancora nel cuore e nell’anima del presidente azzurro, intervenuto in serata al programma di Bruno Vespa “Cinque minuti” su Raiuno per inviare messaggi chiari, anche al tecnico, a poche ore dalle esternazioni a Udine. «Spalletti è un mito che inseguivo da almeno 10 anni, mi ha riportato in Europa, dopo il Covid e ora vorrei che si fosse aperto un ciclo con lui alla guida perché è un grande condottiero. Io ho esercitato l’opzione che avevo. Lui costretto a restare? Ma no, lui ha detto che si è innamorato di Napoli, per noi è un eroe, è entrato nella storia, spero che ne goda». E il mercato? «Giammai venderò Osimehn».
DAY AFTER
Il giorno dopo, per certi versi, è ancora più bello. Lui, il patron non fa fatica ad ammettere che quelle vissute giovedì sera sono «sensazioni uniche perché gli applausi e il tributo dei tifosi emozionano sempre perché sono stati sinceri». È un colloquio ai margini di una giornata come sempre piena zeppa di cose da fare. C’è la squadra che arriva a Grazzanise (è stata sua l’intuizione di spostare l’arrivo nell’aeroporto militare per evitare la paralisi di Capodichino) e lui vorrebbe essere lì ad aspettarla. Ha chiamato un po’ tutti in mattinata per registrare il loro entusiasmo. È uno scudetto che non lo lascia indifferente neanche un po’: voleva vincere, certo, avrebbe voluto vincere ogni anno e da tanti anni. Ma non a costo di mettere a repentaglio la salute dei conti della sua società. «La scelta che ancora oggi mi rende più orgoglioso è stata quella di recarmi al tribunale fallimentare 19 anni fa per andare a prendermi il Napoli. È una cosa che rifarei mille volte ancora», dice De Laurentiis. Non è vero che è un giorno come gli altri, questo. Non lo è. Non lo è per nessuno. Non può esserlo per il numero uno della società. Il day after regala sussulti nell’animo: non è un uomo di ghiaccio, anzi. Ha ricevuto centinaia di messaggi di auguri; questo non è uno scudetto nato per caso, è un’altra tappa di un ciclo meraviglioso (e vincente) che da anni ha stabilmente portato il Napoli tra le grandi d’Italia. Non c’è nella storia del club un simile precedente di continuità, a parte i cinque anni d’oro di Maradona. Che, però, hanno portato il club a schiantarsi.
GIOVANI E BELLI
Spalletti abita a due passi da qui: e proprio in un pomeriggio di maggio come questo, due anni fa, che il patron andò a bussare all’appartamento nel Bosco Verticale dove Luciano, a quei tempi, era un disoccupato d’oro a busta paga dell’Inter. Dice ancora uscendo dalla Lega: «Il mio allenatore sostiene che sono ottimista perché penso che si possa vincere la Champions? Ma io sono sempre una persona ottimista di natura».
Anticipa le scelte dell’estate. «Il ciclo prosegue assolutamente con queste stesse linee: sarà un Napoli giovane e bello. Come piace a me». Sorride compiaciuto. Sa che questa squadra e, soprattutto, il suo club sono il fiore all’occhiello di una città impazzita di gioia, ubriaca di felicità. Per tutti, Napoli dovrebbe prendere esempio dal suo Napoli. «Credo che Napoli sia una fucina straordinaria e unica di opportunità: quello che occorre fare è mettersi in testa di verificarne il vero valore. E partendo da qui, poi saperlo sviluppare perché possa divenire un’industria intelligente. Del resto, è così palese, che una città bella come Napoli dovrebbe vivere di arte, turismo, cibo, cinema. E anche di pallone». Dice pallone, non calcio. Come quelli che da piccoli si innamorano di questo sport e dicono “andiamo a giocare a pallone”. Il Napoli è la sua creatura: il primo amore è il cinema ma pure il secondo gli ha perforato il cuore. «Ho rifiutato offerte importantissime nel corso degli anni (2,5 miliardi di euro per tutto il gruppo, compresa la casa di produzione Filmauro, ndr), di tanto in tanto viene qualcuno e prova di nuovo a farmi qualche proposta, a capire cosa ne penso: ma io non do mai spago a nessuno, tiro avanti, non mi importa della cifra che mi offrono. Ed è probabile, molto probabile, che la vittoria dello scudetto, la splendida stagione vissuta in Champions, porterà qualcun altro a farsi avanti pesantemente e ardentemente. Ma so già cosa gli risponderò: il Napoli me lo tengo, vado avanti perché De Laurentiis non vuole cedere questa società, non è mai stato neppure sfiorato dall’idea di farlo».
LA CONVINZIONE
Ha raccontato dell’incontro di lunedì con Di Lorenzo, il capitano. E ribadisce: «È un capitano esemplare con dei valori umani altissimi». C’è il video dell’hotel di Udine in cui “Robocop” fa il discorso alla squadra campione e dice: «Nessuno credeva in noi a inizio del campionato». Quasi nessuno a dire il vero. Lui sì, senza mezze misure. «Ho vissuto l’estate con la convinzione che stavo facendo le cose giuste. Ne ero certo. E nella vita, c’è poco da fare, se hai questa certezza, anche se sei solo, bisogna tirare dritti per la propria strada, andare avanti senza sentire nessuno». E il Napoli che è arrivato in cima alla serie A è frutto di questa testardaggine, di questo “uomo solo al comando”. E anche gli ultimi striscioni “Aurelio Santo Subito” non lo sorprendono. «I tifosi sono fatti così, noi facciamo tutto per loro ed è giusto che loro passino dall’A alla Z della scala dei sentimenti come meglio ritengono: dagli umori negativi a quelli positivi in poco tempo. Non mi sorprende». È al settimo cielo e di questo Napoli che ha regalato lo scudetto al Sud dopo 22 anni di dittatura di Milano e Torino non rinuncerebbe a nessuno. Una dichiarazione d’amore. «Chi vorrei avere nel mio Napoli? Voglio quelli che ho, quelli che hanno dominato questo campionato. Me li tengo stretti tutti. Non desidero altri». Non nasconde neppure l’importanza dell’evento, non lo nasconde a se stesso e non lo nasconde a nessuno. «Sì è vero, probabilmente è uno dei giorni professionalmente più importanti della mia vita. Anche se il giorno più bello della vita di ognuno di noi è uno solo: quello in cui si nasce». È pronto a ripartire subito. Per lui il concetto di felicità è simile a quello di Spalletti: non si può stare troppo tempo a pensare all’ultimo successo, bisogna subito alzare il sipario sul prossimo spettacolo. «Sì, mi piacerebbe andare avanti ancora in Champions, tentare di vincerla come abbiamo tentato di farlo quest’anno». La vita è questa: non cullarsi sugli allori e ripartire subito a razzo. Nel suo caso, il razzo è uno Shuttle.

 

Fonte: Il Mattino

CalcioNapoliRassegna
Comments (0)
Add Comment