Se ti manda Hamsik, non può esserci margine d’errore: e sarà stata la crisi di ambientamento o qualsiasi improbabile diavoleria che si è inventato il destino, ma non si diventa un «pacco» dalla sera alla sera. Quando Stanislav Lobotka s’è presentato, piacere sono un centrocampista, tutto quello che Napoli sapeva era ciò che aveva sussurrato Hamsik, molto più di un amico: «E’ un gran giocatore». E i venti milioni di euro che Giuntoli mise sul tavolo per strapparlo al Celta Vigo dopo averlo corteggiato per mesi interi, ne sembravano la prova provata.
Solo che il calcio è bugia, citando Benitez, e qualcosa si ruppe in quell’anno maledetto, cominciato con il profilo basso e attraversato poi nel terrore del Covid, nel trimestre dell’isolamento, nel silenzio ovattato da stadi vuoti, di echi distorte e di promesse sballate: Lobotka, ad un certo punto, finì nei retro-pensieri di Napoli, tra le cattiverie gratuite che volevano essere ironia e invece diventavano punture di spillo.
Ci sono una serie di intoccabili, in questa squadra che sta aspettando adesso di stappare le bottiglie di Champagne, e chissà a un passo dalle partite a chi va la prima maglia: forse a Lobotka, quello che toglie «le preoccupazioni a qualsiasi allenatore», come ha detto Spalletti che lo avrebbe voluto già all’Inter e che lo ha rilanciato splendidamente al Napoli. La luce è Lobo, l’Iniesta de noantri, un uomo che si prende il pallone, ci gira intorno, e poi ne fa quello che vuole: lo appoggia ad Anguissa o a Zielinski, i fratellini del centrocampo; lo serve d’esterno ad Osimhen o a Kvara, i diavoli in persona che non aspettano altro; lo tiene per sé, evitando che glielo strappino, come pure vorrebbero fare i guardiani di questo faro.
LUI E GLI ALTRI. C’è il derby con la Salernitana, c’è una partita che può valere lo scudetto e la Storia (con la benedizione di San Siro), c’è una squadra che sembra ormai già definita: Mario Rui e Politano non ce la faranno, dovranno stare a guardare ancora, ancora per un po’, però saranno allo stadio insieme con tutti gli altri in attesa di quello che sarà e con il risultato di Inter-Lazio già in tasca; Simeone, invece, si allena con i compagni ma sa bene che dovrà aspettare; a sinistra, in difesa, ci andrà Olivera, come da copione; a destra, in attacco, si accomoderà Lozano insieme con Osimhen e Kvaratskhelia. E in mezzo tutto dipenderà da Lobotka, lui con Anguissa da una parte e Zielinski dall’altra, il terzetto che sistema le preoccupazioni di Spalletti, che fa le due fasi con eleganza e leggerezza, padroni del gioco e del palleggio, di sistemi che vengono diretti da un direttore d’orchestra al quale non sfugge nulla.
LA CARICA DEI 101. Era finito in uno scantinato, o nei pressi, tanta panchina, poi pure problemi fisici e due interventi alle tonsille nel finale della sua seconda stagione, quello che lo spinse a porsi domande senza risposte; quello che gli aveva cancellato il sorriso e la gioia di un calcio, il suo, che sarebbe stato sacrilegio non lucidare e ripresentare al popolo. Al mondo: ora è passato, il presente e anche il futuro, con centouno presenze in maglia azzurra e quel contratto appena rinnovato che scadrà nel 2027 e che volendo potrebbe essere prolungato persino fino al 2028, quando il regista avrà trentaquattro anni. Perché Lobotka è per sempre.
Fonte: CDS