Dal Paradiso all’inferno, in fin dei conti può anche essere un attimo. E proprio mentre Napoli è imbandierata e vorrebbe godersi la festa, dopo essere stata per trentatré anni ad osservare dal buco della serratura le celebrazioni altrui, nell’atmosfera apparentemente gioiosa (eppure greve) s’avverte sferragliare un lessico da tregenda. È il rumore tra “nemici” che ha avvelenato l’aria (e anche i pozzi), è un conflitto ormai radicato che ha spaccato in due non solo il Maradona, domenica sera, ma un intero macrocosmo, Napoli e una parte della sua gente, che Aurelio De Laurentiis, al Coni, durante il convegno “Verso lo stadio del futuro”, affronta ancora e di nuovo con la scimitarra.
«Mi contestano trecento persone in una curva e trecento nell’altra, non i 9 milioni di tifosi che abbiamo in Italia e gli 83 milioni nel mondo certificati dalla Nielsen. Pazienza! Se si lascia la malavita nelle curve per avere in cambio un po’ di tranquillità cosa volete da me? Quelli non sono veri tifosi, sono delinquenti ai quali si consente di entrare nell’impianto. Io sogno una realtà come quella inglese, dove le prime due volte che ti alzi in piedi uno steward ti chiede di metterti seduto e poi alla terza ti caccia via».
C’è una teoria ricorrente nelle sue divagazioni, un riferimento al passato, a una vita fa, a un mondo lontano e diverso dal nostro («questa storia va avanti da 50 anni e finché non si prende la legge della Thatcher e la si mette, mutuandola, in Italia, avremo sempre questi problemi») ma tra le ragioni di uno strappo che De Laurentiis intende dilatare c’è il caro-biglietti per la Champions League, quei 90 euro per le curve – le superiori e pure le inferiori, queste a impercettibile tasso di visibilità – che hanno alimentato l’insurrezione d’una parte dei popolari, andata ben oltre, domenica, il criterio di legalità.
«Le sigarette, una macchina, hanno lo stesso costo ovunque. E allora pure lo stadio deve costare uguale, anzi da noi costa di meno».
Non ovunque (il settore più popolare dell’Inter in, Champions, vale 45 euro), e però non basta ciò per scatenare un inaccettabile clima di violenza, proprio laddove avrebbe dovuto esserci semplicemente felicità: «Bisogna smetterla di considerare Napoli sottosviluppata, questa deve diventare una città internazionale. Napoli sta vivendo un nuovo Rinascimento grazie al calcio, penso che vada riconosciuto».
Il problema è economico, fondamentalmente, e anche se un giorno i soldi sono una volgarità e un altro no, la sintesi è racchiusa in un paragone che ignora il gap della capienza del Maradona (54.726) rispetto al Meazza (75.817), nel suo piccolo un fattore: «Quando andremo su, il Milan incasserà dieci milioni mentre al ritorno noi forse arriveremo a cinque».
Fonte: CdS