L’editoriale di Alessandro Barbano:
“Il muro può farsi burro? Nella realtà no, ma nella chimica del calcio può accadere. Può accadere che una saracinesca si muti d’emblée in un colabrodo. Un esito così singolare non è innaturale, al pari del trionfo del Milan al Maradona. C’è una squadra che ritrova fantasia ed empatia nei suoi uomini migliori, che raddoppia e, a volte, triplica la marcatura con un pressing asfissiante. E ce n’è un’altra che piomba in un letargo in cui tutte le intuizioni di campo e i gesti atletici risultano improvvisamente pesanti e insostenibili, per la mente prima che per le gambe. Ma se è accaduto, bisogna chiedersi perché.
Si può rispondere con quelle frasi di senso comune che dicono tutto per non dire niente. Come quella pronunciata da alcuni commentatori in tv: “Il Napoli ha giocato sotto ritmo”. A ben guardare, è vero il contrario. Il Napoli ieri ha talmente alzato il ritmo da cadere in errori di precipitazione, come quello di Zielinski che, nel secondo tempo, ha insistito nel tenere palla in orizzontale sulla trequarti finendo per perderla e scoprendo così la squadra al contropiede rossonero e al terzo gol. La verità è un’altra: tutte le volte che il Napoli ha alzato il ritmo, il Milan è riuscito a spezzarlo.
C’è un fil rouge che lega la sconfitta di ieri con quella subita un mese fa per mano della Lazio. Diversa è invece quella rimediata a San Siro contro l’Inter, e certamente più casuale. Pioli e Sarri hanno battuto Spalletti nello stesso modo, disarticolando a centrocampo la costruzione del gioco. In che modo? Con una difesa altissima, una mediana assortita e più numerosa, in grado di alzare un pressing di tre
È in questa ragnatela che il Napoli ha compreso di avere il fiato corto, e nessuna possibilità di saltare il pressing con verticalizzazioni ficcanti, perché Osimhen era in tribuna e chi lo sostituiva, Simeone, è tutto un altro giocatore. Senza il nigeriano viene a mancare l’alternativa di modulo che ha fatto il gioco del Napoli imprevedibile.
Poi certo, una dose di ingenuità si è aggiunta all’impasse qui descritto. Perché non può accadere che Brahim Diaz scarti due interditori come Lobotka e Mario Rui, senza che venga fermato con un fallo tattico, prima che possa offrire l’assist delizioso al redivivo Leao. La stessa ingenuità c’è in copertura sul secondo gol del Milan, e qui il ritardo è di Kvara. Però al netto di questi errori, la partita il Napoli l’ha persa per asfissia, la stessa che aveva subito con la Lazio, ancorché in forma minore. E la stessa che aveva intravisto anche nel pareggio in casa con la Fiorentina, all’inizio del campionato. Questo per dire che il Napoli e Spalletti non possono pensare che gli avversari gli consentano di fare sempre il loro gioco preferito.
Sarebbe un errore archiviare la caduta con un appello all’umiltà e alla determinazione. Che pure sono necessarie, perché l’abitudine alla vittoria può avere effetti collaterali narcotici. Però non basta. Bisogna capire che da questo momento in poi il Napoli gioca un altro campionato. Ci vuole ancora più varietà di quanta il suo tecnico visionario abbia messo fin qui in campo. Conoscendo l’ampiezza delle sue vedute, sappiamo che anche stavolta il coraggio non mancherà2.
Fonte: CdS