È un viaggio dell’anima. Napoli tutta azzurra che prepara la festa per il terzo scudetto accompagna l’inviata nei ricordi. Susanna Galeazzi, giornalista del Tg5, è qui per uno speciale su Napoli che andrà in onda sabato 15 aprile in seconda serata. Sessanta minuti, il racconto tra luci e ombre affidato alle voci della città. Tra queste Maria Triassi, la presidente della Scuola di Medicina della Federico II che lancia l’allarme sulla carenza di medici e delle aggressioni negli ospedali e suggerisce di allungare i tempi dei pensionamenti. E Patrizio Oliva, il campione che da anni combatte come maestro di pugilato e di vita nelle periferie per allontanare i giovani dalla strada. E Lello Esposito, l’artista che diffonde nel mondo le emozioni della sua città, dandone sempre un’immagine pulita e costruttiva. E Aurelio De Laurentiis, che racconta un trionfo calcistico e imprenditoriale. Il cuore dell’inviata vibra mentre percorre la città, la telecamera accesa sui segni azzurri della festa e sul piede di Maradona esposto in una teca nel Gran Caffé Gambrinus, dove Galeazzi è raggiunta dalla telefonata di Davide Tizzano, uno degli olimpionici amici di Gian Piero.
Domenica 10 maggio 87, il Napoli ha appena vinto il primo scudetto della sua storia e suo padre, inviato della Rai, è negli spogliatoi ad aspettare i giocatori.
«Quando tornò a casa ci rivelò che il custode gli aveva dato la chiave e così riuscì ad entrare nello stanzone per raccontare quella festa. Unico giornalista. Ero piccola, non mi trovavo a Napoli con lui: quella storia mi incuriosì e divertì moltissimo».
Galeazzi che intervista Maradona e poi cede il microfono a Diego affinché intervisti i suoi compagni: un pezzo di storia del giornalismo.
«Papà sapeva entrare nel cuore delle persone, anche le più celebri, creando rapporti veri, prima umani e poi professionali. Con Diego andava spesso a cena in un ristorante di via Orazio, “La Sacrestia”, che adesso non c’è più. Era amico anche di Platini. E un giorno fece una battuta a Michel su Maradona».
Quale?
«Gli chiese: “Michel, sai chi è qui il Maschio Angioino?”. E Platini, prontissimo: “Lo so, certo: Maradona”. Eravamo a Ischia e io neanche sapevo chi fosse quel signore seduto con noi al ristorante».
Trentasei anni dopo il 10 maggio 87 quale ricordo affiora?
«Qui, in questi giorni, stanno emergendo tutti. Avverto un sentimento della città sempre vivo verso mio padre, amato più a Napoli che a Roma. Mi emoziona ascoltare i racconti su papà, ogni napoletano sembra averne uno. C’è chi lo ha incontrato allo stadio, a una gara di canottaggio, in un ristorante perché lui era una guida gastronomica vivente. E poi c’è quell’intervista a Diego».
L’ha più riascoltata?
«Sì. A me manca la voce di papà e così a volte chiudo gli occhi e faccio partire quel filmato. Le sue domande, poi quelle di Diego, lo scroscio del gavettone dei giocatori del Napoli… E poi ascolto la voce della finale dei Giochi di Seul».
Olimpiadi dell’88, i fratelli Carmine e Giuseppe Abbagnale e il timoniere Peppiniello Di Capua che vincono l’oro spinti al traguardo anche dalla voce di Galeazzi.
«Così riesco sempre a sentirlo vicino».
È stato facile cominciare questo lavoro per la figlia di Galeazzi?
«Quando ho deciso di diventare giornalista, papà non mi ha dato mai consigli. Anzi, solo uno: non preoccuparti se sbagli perché se sbagli impari prima. E poi mi ha insegnato la semplicità, come ha fatto Patrizio Oliva con le sue figlie».
Campione olimpico e mondiale, ha aperto il suo cuore e la sua palestra ai ragazzi di Napoli.
«L’ho incontrato per il servizio televisivo. Mi ha parlato delle sue ragazze, del primo valore che ha voluto trasmettere: la semplicità, proprio come mio padre. Patrizio è un uomo straordinario, ha portato in palestra ragazzi che non parlavano in italiano, non avevano mai letto un libro e giravano con il tirapugni in tasca. Lo sport non è solo la conquista di uno scudetto: è anche una forza salvifica. E Patrizio, come Lello Esposito, è un napoletano che non se ne è andato da Napoli. Sono rimasti qui a vivere un quotidiano di luci e ombre, con amore. Patrizio vuole continuare a vincere accanto a questi ragazzi, a cui insegna non soltanto la boxe ma anche la cultura del sacrificio».
Questo scudetto, a trentasei anni da quella intervista di papà a Diego, cosa rappresenta per la città?
«Il risveglio, che già si nota ad ogni angolo di strada. È un entusiasmo che dà tanta energia. Napoli colpisce e lo dice una romanista praticante con cuore laziale».
Un po’ contorta come etichetta.
«Romanista da sempre, mi sono avvicinata al mondo della Lazio dopo la scomparsa di papà, con le manifestazioni di affetto di quell’ambiente nei suoi confronti. Ma la mia bandiera resta una sola: essere la figlia di Galeazzi».
A cura di Francesco De Luca (Il Mattino)