In nove mesi, da quel 15 agosto e dalla goleada di Verona, non è cambiato praticamente niente, anzi sì: perché nel calcio di Ferragosto, e pareva un’illusione, ora è entrata anche l’autorevolezza, la padronanza di un palleggio che anestetizza e soffoca, il senso compiuto di un capolavoro. «Io non ho molto tempo, avendo 64 anni, e quindi non so quanto resterò ancora in panchina: devo dare valore a tutto ciò che mi passa davanti, sentirmi pieno ed appagato». E provare quella felicità che s ta spruzzando su quella Napoli che ha conquistato immediatamente, sin dal luglio del 2021, quando muovendosi tra le macerie per la seconda qualificazione in Champions fallita, si presentò a modo: «Continuo il mio tour dell’anima…».
L’uomo è stato capace di adagiarsi dentro una città della quale ha avvertito subito gli effetti elettrizzanti, se l’è goduto per un po’ dalla stanza nell’albergo di con vista mare, poi si è rinchiuso in se stesso, nella sua dimensione da eremita, e a Castel Volturno, ha plasmato il Napoli a sua immagine e somiglianza: in campionato, c’è il deserto alle sue spalle, forse è il pudore, l’aritmetica o semplicemente il rispetto che si deve all’universo con il quale si (con)vive che gli evita di infilarsi in calcoli d’ottimismo. Ma quel giorno verrà, presto o tardi, perché diciannove punti sulla seconda, per ora, sanno d’investitura, quando mancano appena undici giornate alla fine e in classifica ci sono ventitré vittorie, due pareggi e due sconfitte. Fonte: CdS