La Nazionale, il format, la gestione ADL, Spalletti: la parola a Gravina

La Nazionale ritorna a Napoli, il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, racconta del suo legame con lo spettacolo che offriva Maradona, del Napoli, del modello gestionale di De Laurentiis.
Cosa bisogna fare per rivivere i momenti esaltanti di Wembley? «Bisogna rimboccarci le maniche, tutti insieme. L’impresa del 2021 è stata qualcosa di straordinario, perché si è riusciti con la forza del gruppo a ottenere un risultato che alla vigilia sembrava impossibile. Ma non dobbiamo dimenticare che abbiamo bisogno di una sterzata di sistema se vogliamo creare le condizioni per creare un gruppo azzurro di qualità in grado di competere con le Nazionali più forti. Bisogna investire sui vivai non per necessità ma per convinzione, ne trarrebbero beneficio sia i Club che la maglia azzurra».
Ripartiamo dall’Inghilterra. Ce li dice i motivi per essere ottimisti in questa Nazionale? «La sfida con gli inglesi è ormai diventata una classica (sorride, ndr). Se ripartiamo dal gruppo, dalla stessa determinazione con cui abbiamo superato l’Inghilterra in due degli ultimi tre scontri diretti, potremo essere soddisfatti perché il carattere, la forza delle idee e la voglia di vincere saranno più importanti del superiore valore dei singoli di Southgate».
Dice Mancini: sono troppo pochi i numeri 9 italiani che giocano titolari. Perché secondo lei? «Sono troppo pochi i selezionabili per la Nazionale italiana in generale! Nei nostri vivai abbiamo tanto talento, ma bisogna metterlo nelle condizioni di giocare, sbagliare e maturare, solo così si diventa campione. La scuola degli attaccanti italiani è sempre stata straordinaria, spero sia solo un ciclo, anche se temo che l’esterofilia dei Club si concentri maggiormente sulle punte per regalare ai tifosi nomi altisonanti, che spesso però non valgono le aspettative».
L’obiettivo è adesso conquistare il pass per la Germania? «Nelle difficoltà abbiamo già dimostrato una volta di saper tirare fuori il meglio di noi, è una caratteristica tutta italiana. Vogliamo andare agli Europei e recitare un ruolo da protagonisti anche a giugno in Nations League. Non sarà facile, ma io ci credo».
A Napoli sarà anche la prima volta senza Luca Vialli. «La sua scomparsa è stata un dolore enorme, la ferita ancora non si è rimarginata, per quello che era e per quello che ha donato alla maglia azzurra sarà insostituibile. Sono felice di poter alimentare il suo ricordo, nella prima uscita della Nazionale, proprio in una piazza calda ed entusiasta come quella di Napoli. Abbiamo preparato una celebrazione particolare che spero unisca italiani e inglesi in un abbraccio commosso».
È la prima volta da presidente federale. Ma lei scelse Napoli per la presentazione del suo Castel di Sangro. «Ho fortemente voluto il ritorno della Nazionale italiana a Napoli, mancava da troppo tempo. Per questo ringrazio il presidente De Laurentiis e il sindaco Manfredi, con i quali abbiamo lavorato a stretto contatto per realizzare questo obiettivo. Personalmente sono molto legato alla Campania e a Napoli in particolare. Un legame che si è creato negli anni di Maradona, uno spettacolo per gli occhi che non dimenticherò mai».
Ripete da troppo tempo che il nostro calcio è malato: sicuro che c’è una cura? «La cura passa per il riequilibrio del rapporto tra fatturato e costo del lavoro allargato, non è possibile pensare di spendere più di quanto si incassa. Senza mettere sotto controllo i costi, anche l’auspicabile aumento dei ricavi diventa sterile e non risolutivo».
La Serie A a 16 squadre è una risposta? Nel senso, il format può essere un medicinale? «L’aritmetica dei format non mi ha mai appassionato, ma i calendari sempre più intasati e una migliore valorizzazione del brand impongono una riflessione approfondita, che non si può più rinviare. Sto promuovendo una riforma del calcio italiano nel suo complesso: bisogna cambiare cultura, comprese le regole condivise dello stare insieme, partendo dai rapporti tra le Leghe, inserendo finalmente la logica della filiera, e finendo con una diversa gestione economico-finanziaria dei club. Dobbiamo mettere in sicurezza il nostro calcio per renderlo più attrattivo».
La vicenda Juventus è una spina per il nostro calcio? «Purtroppo ci troviamo ciclicamente ad affrontare momenti di fibrillazione all’interno del sistema che danneggiano l’immagine del nostro calcio. La giustizia sportiva sta facendo il suo corso, non spetta a me entrare nel merito del procedimento. L’obiettivo della Figc è l’aver creato un sistema di regole che consentono di arrivare a un giudizio certo in tempi rapidi, sempre tutelando il diritto alla difesa».
L’assegnazione degli europei nel 2032 è l’ occasione per un rilancio? «Rappresenta un’opportunità unica per accelerare il processo di modernizzazione dell’impiantistica di alto livello, che altrimenti resterebbe il nostro tallone d’Achille. La candidatura italiana nasce dalla convinzione che l’organizzazione di una grande manifestazione come il Campionato Europeo possa contribuire a dare una prospettiva di sviluppo al calcio italiano e all’intero Paese. Stiamo allestendo un dossier affidabile, credibile e ambizioso».
Che ha pensato nel vedere la guerriglia a Napoli prima di Napoli-Eintracht? «Ho provato dolore per Napoli. È stata una vergogna, chiunque delinque sfruttando l’occasione di una partita di calcio va perseguito duramente, indipendentemente dalla sua nazionalità. Massima solidarietà ai cittadini e all’amministrazione napoletana».
Ha ragione De Laurentiis a invocare il pugno duro come fece la Thatcher negli anni 80? «Servono strumenti tecnologici che consentano di prevenire fatti del genere e di assicurare rapidamente i violenti alla giustizia. Ma anche strumenti legislativi adeguati affinché una volta individuati, paghino realmente per i reati di cui si sono resi responsabili».
Tre italiane nei quarti di Champions, quattro tecnici italiani, ma pochi calciatori italiani titolari nelle squadre di Champions: che significa? «Che il sistema non è lungimirante: i vivai nazionali rappresentano la vera grande opportunità per il futuro del calcio italiano, sia per costi che per valori tecnici. Bisogna crederci, altrimenti non riusciremo a dare continuità a questi risultati».
I numeri della crisi sono impietosi: poi arriva De Laurentiis che vince con i bilanci in ordine. È la linea gestionale da seguire? «Alla fine della scorsa stagione sportiva, la proprietà del Napoli ha avuto il merito di capire e accettare che il costo della rosa non era più sostenibile. Ha invertito la rotta, affidando alla dirigenza e all’allenatore un compito chiaro: vincere con la forza delle idee, dentro e fuori dal campo. Indipendentemente dalla vittoria finale, le attuali prestazioni del Napoli rappresentano una vera impresa sportiva. Un esempio positivo per gli altri club».
Fa bene De Laurentiis a sognare l’accoppiata scudetto-Champions? «Sognare non costa nulla, anzi i sogni alimentano la passione che contribuisce a fare del calcio uno spettacolo unico al mondo. D’altronde il rendimento del Napoli è stupefacente. Ha dimostrato, fino ad ora, di valere la testa della classifica in Italia e i primi posti in Europa, imponendosi col bel gioco e divertendo gli spettatori».
Spalletti ha un gioco che può essere un modello del calcio? «È uno dei modelli più belli e avvincenti di calcio al mondo. Sono convinto che Spalletti abbia raggiunto a Napoli la sua maturazione tecnica, si sta meritando l’appellativo di maestro di calcio».
Si va verso il sold-out per Italia-Inghilterra, ma sono disponibili ancora dei tagliandi. «Questa Nazionale merita lo stadio pieno, sarà una grande festa per Napoli e per gli Azzurri. Abbiamo preparato diverse sorprese per rendere memorabile questa notte memorabile. La nostra politica dei prezzi è pensata ad hoc per le famiglie, per vincere contro gli inglesi abbiamo bisogno del tifo e della passione dei napoletani».
Il Mattino
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