I l cielo sopra Osimhen dev’essere ad un battito di ciglia e mentre intorno c’è un silenzio assordante – è lo stupore -quell’uomo mascherato butta giù il muro del suono e avverte la standing ovation tutta per lui. «Grandissima vittoria, grazie ai tifosi, gli vogliamo regalare lo scudetto, perché lo meritano, anche stavolta ci sono stati al fianco e in numero impressionante». Ventuno reti, e ormai vai a scegliere il più bello – perché è faticoso pure quello, bisogna immergersi in uno scrigno e scavare tra quei gioielli – ma ogni volta, e ad ogni prodezza, è scontato scorgere l’espressione stupita, quel senso di ammirazione per chi è un centravanti ma pure tante altre cose assieme. «Sono contento per i gol e per i tre punti, guadagnati contro un avversario ostico, non semplice da affrontare». Quando Torino-Napoli è diventata (ancora e di nuovo) una specie di one man show, ciò che resta di Victor Osimhen è un campionario talmente ampio, così generosamente ricco, da scoprire lo sbalordimento generale: la doppietta, ma va!, diventa quasi un aspetto marginale, dovendoci poi aggiungere la caparbietà che avvia il quarto gol, il salvataggio sulla linea che pure ha un senso, ed una varietà interpretativa che spinge il Napoli a cercarlo in tutti i modi, nelle foreste che pare l’avvolgano o nelle praterie che il sistema di gioco crea. Lui è ovunque.
VICOTR NON AVER PAURA. A venticinque reti (complessive) è scattato un altro bonus – centotrentamila e centocinquanta euro in più – ma in questa annata da mille e una notte, Osimhen scorge in lontananza Immobile e Higuain, sa che sarà complicato arrivarci, ma non impossibile. Sembrava lo fosse il secondo gol di ieri, quella palla tra le stelle, e invece ci è arrivato; pareva lo fosse lo stop e poi la volée con la Roma, e la tirò fuori dal nulla; pareva che a Leicester, un anno fa, o quando vi pare, non ci fosse un domani, e se lo spalancò anche da solo. Immobile e Higuain significano trentasei reti, dunque la Storia riscritta in rapida sequenza recentemente, dopo i 66 anni di regno indiscusso di Gunner Nordahl: mancano undici partite, servirebbero quindici capolavori, e senza i rigori, non è la stessa cosa, sembra quasi debba scalare l’Everest a piedi nudi. Raccontano però le statistiche che si può fare, ma aiutandosi avviando un miracolo che ha bisogno di un volano o di un dischetto: Higuain ci arrivò segnandone dieci negli ultimi 990′ e Immobile ne fece nove nello stesso periodo; entrambi, si erano portati avanti, e dovettero aggrapparsi anche ai rigori, complessivamente tre per uno – lo juventino di quei giorni – quattordici per l’attaccante della Lazio.
PERCHE’. L’Osimhen che mette assieme le proprie statistiche dall’inizio del campionato ad oggi può arrivare al massimo a trentuno, servirebbe travestirsi da Iron Man per avvicinare i padroni della classifica dei bomber di tutti i tempi; ma l’altro Osimhen, quello che dall’8 gennaio è diventato il «drago a due teste» di Spalletti, può essere capace di provarci, imparando a sfruttare i rigori, che al Napoli non mancano mai, perché la produzione offensiva è massiccia: «Ma ora vogliamo pensare a vincere lo scudetto alla nostra gente, che lo aspetta da trentatré anni e che mi hanno meravigliato, perché sono venuti veramente in tanti. Io posso solo ringraziarli per il sostegno, ricevo prove di affetto ogni giorno, anche stavolta a Torino mi ha stupito quel bimbo che mi accompagnava in campo con la maschera e con i capelli come i miei. E’ tutto così speciale». Pure spingersi sin lassù. Fonte: CdS