In seguendo i rimbalzi (ir)regolari della palla, c’è bisogno di orientare il futuro: ci sono dodici stazioni ancora, quattordici aggiungendoci la Champions, e stavolta non si è dinnanzi ad una Via Crucis, né pare il caso di confondere il sacro con il profano. Ma in queste settimane di passione, rimanendo splendidamente solo con se stesso, Luciano Spalletti – ch’è stato fabbro e sa essere contadino, che ama la terra e s’aggrappa amorevolmente alle viti – nella sua tenuta straordinaria d’allenatore separerà il grano dal loglio, setaccerà il Napoli dai 3039 minuti di Di Lorenzo ai sessanta secondi di Zedadka, poi allungherà la lente d’ingrandimento e resterà sospeso a riflettere come, dove, quando intervenire, chi far riposare e se farlo, a cosa rinunciare.
GESTIONE. La gestione delle risorse umane è uno dei capisaldi del management moderno ma l’azienda calcio va a scatti, allunghi e anche sensazioni e ventinove anni di master bastano e avanzano per immergersi in quel sogno. Il calendario è scolpito nella memoria e, assaporata la sosta, archiviato il Torino, dal Milan in campionato a quello europeo sarà un attimo: un viaggio a Lecce e via, gara d’andata; una serata al «Maradona» con il Verona e poi la resa dei conti del ritorno.
Fonte: CdS