L’editoriale di Alessandro Barbano
“Qui non si tratta di toccare il cielo, ma di restarvi, sospesi sul confine della troposfera come un jet che, solcando le nuvole, veleggi leggero nella perdita di gravità. Qui non si tratta di saltare più in alto degli altri, ma di fermarsi a un metro da terra in una torsione che ritardi di un attimo lunghissimo la frustata del collo sulla testa, dandoti la sensazione di una librazione eterna. Lo stacco di Osimhen che buca le speranze dei tedeschi è la metafora di una distanza. Quella che sta tra il Napoli e una squadra normale.
È un gap che fa ordinario ogni traguardo. Perfino la storica qualificazione ai quarti di Champions pare la naturale conseguenza di un primato robusto come venticinque gol in otto gare europee, contro avversari come Liverpool, Rangers, Ajax, e, da ultimo, Eintracht. Il Napoli è qualità, agonismo, intelligenza tattica e spirito di gruppo capaci di voltare la casualità del successo in una causalità. Non a caso, alla fine di ogni partita disputata dagli azzurri si fa strada, nella coscienza dell’osservatore, la convinzione che nessuna circostanza avversa avrebbe potuto ribaltare il corso degli eventi. Se pure lo spillo nigeriano non avesse raggiunto l’altezza dei 240 centimetri da terra, dalla quale ha disegnato una parabola nel set con la precisione di un cestista nel tiro libero, i tedeschi avrebbero forse potuto
Eppure ci piace richiamarle proprio nel momento in cui la squadra di Spalletti sposta l’asticella delle ambizioni più in là. Perché da questo momento in poi si gioca tutta un’altra partita. Ipotecato lo scudetto, la sfida si sposta sul più alto dei palcoscenici del calcio continentale, e in un certo senso mondiale. Qui, nello spareggio tra le otto più forti squadre del pianeta, l’efficienza deve compiere un salto ulteriore e trasformarsi in automatismo creativo, azzerando le piccole sbavature che fino a ieri risultavano perdonabili. E che da oggi sarebbero intollerabili. Come, per fare un esempio, l’azzardo di Kim nel dribbling nell’area del portiere, con un rimpallo che solo per un caso gli è stato favorevole. Allo stesso tempo le risorse vanno amministrate con un raziocinio assoluto, perché la valutazione del rischio infortuni diventa una componente essenziale della performance. Osimhen potrà anche dolersi di qualche sostituzione, ma non sarebbe ammissibile mettere a repentaglio la sua tenuta.
A. Barbano (CdS)