Era il settembre del 2011. L’attacco del Manchester City annoverava Balotelli, Dzeko, Aguero e Tevez. La linea difensiva del Napoli, invece, era composta da Campagnaro, Cannavaro e Aronica e proprio il centrale palermitano ripensa a quella sfida e al percorso fatto dal Napoli in questi anni.
Il primo ricordo di quella sfida del 2011? «Alla vigilia della partita facemmo la rifinitura nello stadio deserto. Avemmo l’opportunità di osservare quel campo enorme in totale tranquillità: non immaginavamo neanche cosa ci avrebbe circondato il giorno dopo».
Il giorno dopo, appunto, quello della partita. «Più che la partita in sé, ricordo il finale: davanti avevano Balotelli, Silva, Dzeko, Tevez e Aguero. Cinque attaccanti di quel livello, cinque extraterrestri contro di noi che eravamo all’esordio».
Eppure il Napoli uscì indenne da quella sfida strappando il pareggio. «Ci aiutò l’incoscienza».
E dove può arrivare? «Grazie alla forza del gruppo e all’entusiasmo che questa piazza sa trasmettere: mi auguro che possa andare avanti e possa sognare in grande. È una squadra che deve continuare sulla scia che sta tracciando, seguendo sempre il capitano della nave, Spalletti. Solo così potrà veramente togliersi grandissime soddisfazioni».
Lecito sognare anche in Champions? «Mettendo da parte la scaramanzia mi sento di dire che lo scudetto è cosa fatta. E allora penso che avrà tempo per concentrarsi sull’Europa».
In quella Champions del 2011-12 il Napoli fu eliminato agli ottavi dopo la clamorosa rimonta del Chelsea. «Quello fu un rammarico più che una delusione».
Perché? «Quel Napoli aveva già fatto benissimo superando un girone di ferro con Manchester City e Bayern Monaco, un girone nel quale tutti ci davano per spacciati. La sfida con il Chelsea fu segnata dal cambio di allenatore che fecero loro tra andata e ritorno, da Villas Boas a Di Matteo. In quel lasso di tempo ritrovarono il gruppo e infatti vinsero la coppa. Certo, se Maggio avesse segnato il 4-1 a pochi minuti dalla fine della partita d’andata forse sarebbe cambiato tutto».
La fotografia di quella Champions? «Il mio intervento su Drogba al San Paolo che fu poi votato dalla Uefa come la migliore giocata della stagione. Fermare un campione come lui mi inorgoglì».
Ma quanto sarebbe stato difficile per lei marcare Kvara in allenamento? «Beh, a me toccava tenere d’occhio Lavezzi. Mazzarri me lo metteva addosso nell’uno contro uno in ogni allenamento. Kvara è quel giocatore che più di tutti si avvicina al Pocho: per dinamismo, estro, qualità e velocità mi ricorda quelle movenze dell’argentino. In allenamento era un tormento: non lo prendevo mai per quanto era veloce».
A proposito: Mazzarri cosa vi disse prima di quella gara col Chelsea? «Ci faceva arrivare alla partita nel migliore dei modi senza farci avere troppe responsabilità. Mi ricordo la merenda prima del Chelsea a Londra. “Giocate senza timore, è pur sempre una partita di calcio”, ci disse».
Fonte: Il Mattino