La sera in cui Luca Ferlaino andò dal papà, l’ingegnere degli scudetti, del Napoli c’era la polvere e lamemoria: a Brusson, in un ritiro pigro, con il passato a far pressione e un futuro colmo di paura, le notti si riempirono di sensazioni malinconiche, il rimpianto d’un tempo perduto. «Perché non ritiriamo la 10?». E Corrado Ferlaino annuì. Diego era rimasto il piacevole tormento dell’anima, l’altare di un settennato ormai irripetibile, e non poteva esserci, certo che no, un altro Maradona: non a Napoli, non allora. È volata via un’epoca e i ricordi si ammassano di nuovo, gli uni vicini agli altri, senza avere mai (mai) la tentazione di profanare quel Dio che ora s’avverte nell’aria, che però induce a chiedersi se sia giusto – come sostenne Del Piero – sottrarre a un giovane il diritto di sognare di emulare un idolo. Khvicha Kvaratskhelia è l’uomo in più, ti trascina nei suo dribbling com quel magnetismo che ha conquistato Bruno Giordano, un talento esagerato pure lui, che della Ma.Gi.Ca. è stato interprete e che non ha paura di osare, provando a rimettere quella 10 sulle spalle di qualcuno, lasciandolo immergere in una dimensione onirica: «Io lo farei. E sarebbe anche il desiderio di Diego, conoscendolo: dico di più, ne sarebbe orgoglioso. Credo che Kvara sia un degno erede: certo è inavvicinabile al più grande di tutti i tempi, lui come chiunque altro, ma la bellezza dei suoi gesti, la sua eleganza, meriterebbero un riconoscimento del genere».
Quello, il «10», è il simbolismo del calcio, la sintesi di un pensiero alto, e non c’è volontà di accostamenti irriguardosi, che Salvatore Bagni affronta con pudore. «Diego non si arrabbierebbe se venisse riconsegnata una maglia con il suo numero, però… Kvara è fenomenale però il rischio di avvitarsi su un paragone esisterebbe. Credo che fondamentalmente sia giusto che Maradona resti irripetibile com’è stato e magari, chissà, probabilmente questo è anche il pensiero di Kvara».
Fonte: CdS