L’analisi
Non è stato un tiro, ma uno strike. I difensori dell’Atalanta erano bianchi e tutti in fila, come birilli da bowling. Khvicha Kvaratskhelia ne ha fatti cadere tre con una sterzata e ha tuonato in rete, come neanche il grande Lebowski. Un gol magnifico, che ha sbloccato la partita al 15’ della ripresa e ha cucito ancora di più lo scudetto sulle maglie del Napoli. Non che la sconfitta con la Lazio avesse creato ansie particolari, visto il vantaggio abissale e il ritmo lumacoso delle inseguitrici, ma Spalletti voleva assolutamente ritornare a vincere per spazzar via ogni dubbio in embrione e rituffarsi allegramente in Champions. Lo ha fatto, risalendo a +18 sull’Inter. Nel primo tempo il Napoli è stato incartato da Gasperini, come una settimana prima dall’ex amico Sarri, dando la sensazione che la seconda sconfitta in campionato avesse lasciato un po’ di sabbia nel motore. Non era la solita squadra sciolta e arrembante. Imbrigliata nel gioco, serviva una giocata per liberare testa e gambe. Chi se non quei due? La coppia ko: Kvara, Osimhen. Il nigeriano ha infiammato l’inizio della ripresa e servito la palla per lo strike del georgiano. Dopo un atipico digiuno di 212’ (tra Empoli, Lazio e Atalanta), la palla è tornata in rete e il Napoli è tornato Napoli. Osimhen e Kvara hanno preso parte a 51 degli 84 gol del Napoli (61%) in tutte le manifestazioni. Kvara è uno dei 6, nati dal 2000 in poi, ad aver segnato più di 10 reti nei 5 campionati top d’Europa. Uno degli altri si chiama Haaland. Gli 11 gol del georgiano, sommati ai 19 di Osimhen, fanno 30 tondi. Victor avrebbe voluto arrivare a 20, per questo, quando è stato sostituito dopo il 2-0 di Rrahmani, si è imbufalito. Esagerato? No, questa fame insaziabile è uno dei segreti da scudetto. Fonte e foto Gazzetta
Fonte: Gazz. dello Sport