Paragone con Rrahmani? Lui sa fare tutto, non eccelle in niente ma fa tutto bene. Io capitano azzurro? Ho sempre pensato che gli esempi fossero meglio delle parole, poi quando bisognava usare le parole le ho sempre usate con grande rispetto, specie per far capire come funzionava Napoli. Oggi il nemico del calciatore è il social, prima era un problema in meno. Ormai il giocatore va a briglia sciolta, si sa tutto di tutti. Questa è un’altra problematica degli allenatori moderni”, queste le dichiarazioni dell’ex capitano azzurro Paolo Cannavaro alla trasmissione Legends – Ci vediamo a Napoli, produzione di Nexting, in onda su Napflix e Canale 8 ogni giovedì alle ore 21:00.
Cannavaro ha poi parlato di altri temi e anche di Kim Min-jae, sempre durante Legends – Ci vediamo a Napoli: “Io sono stato 8 anni a Napoli, per 2 volte ho sfiorato lo Scudetto ma per esempio non avevamo riserve fortissime per Cavani. Ora invece ci sono Simeone e Raspadori. Osimhen è il titolare ma anche gli altri di fatto lo sono e questo fa la differenza, perché portano punti. Kim? La scuola dei difensori coreani è ottima, sono merce rara. Come concetto si avvicina molto al difensore italiano, concentrato per tutta la partita. Quando io e Fabio allenavamo in Cinea lui andò nella squadra del Pechino, era lo stesso giocatore ma con un po’ di relax in più. In Turchia ha capito meglio come funziona il calcio europeo, ora è il giocatore forte che vediamo. Lui non ha paura di nulla e ha un livello di attenzione altissimo. In generale è sempre meglio far giocare un difensore concentrato che uno bravo. Fisicamente poi i coreani sono delle macchine, vengono cresciuti con una concezione fisica pazzesca. Di Kim già in Cina se ne parlava fortemente, il nome girava già da un po’. Maradona? Ho avuto il piacere di conoscerlo per un paio di ore, mi sono bastate. Ma dai tanti racconti che sento è come se l’avessi conosciuto molto prima”.
Infinte Cannavaro ha parlato anche del suo famoso gol alla Juventus e dell’ex tecnico azzurro Walter Mazzarri: “Il mio gol alla Juve? Io ero appena arrivato a Napoli, la Juve era stata retrocessa. La partita fu tiratissima, prendemmo gol quasi alla fine da Del Piero, guardai le tribune e mi dicevo che non potevo andarmene via prima. Dissi a Domizzi che io andavo avanti e che si doveva arrangiare lui dietro. Mi sono ritrovato a fare un gesto tecnico che provavo sin da bambino. Nel calcio moderno gli avversari sanno tutto di te, quindi sono preparati. Nel Napoli provavamo sempre la diversità, l’inganno all’avversario negli schemi da piazzato, spesso Dzemaili segnava punizioni così. Magari facevamo dei gesti che poi cambiavamo a ogni partita, bisognava trovare dei piccoli trucchetti come piccolo vantaggio.
Chelsea? Lì trovammo un ambiente molto caldo, c’era partecipazione, si sentiva di dover fare un’impresa. Ci andammo vicino, poi loro vinsero la Champions. Mazzarri? Con lui fu amore a prima vista. Eravamo dei bravi giocatori, grazie al nostro gruppo diventammo grandi. Il mister per me è stato fondamentale, l’ho incontrato nel momento più importante di ogni calciatore, verso i 26/27 anni. Scudetto? Il percorso di crescita della società è evidente, in quegli anni lì con poco ci siamo giocati tanto. Poi dopo abbiamo preso giocatori dal Real Madrid e non era cosa da poco. Ci siamo trovati a smantellare ma poi, nel momento inatteso, è venuta fuori una magia. In parte rivedo la squadra di Mazzarri ma forse c’è più spensieratezza e leggerezza, sia da parte dell’ambiente che della squadra. Ora c’è un mix perfetto per questi risultati. Io ho preso quella scia del calcio che ora si è un po’ persa, le cose sono cambiate”.