Era un giovane portiere quel Dino Zoff che per la prima volta difendeva la porta del Napoli. La carriera poi avrebbe spiccato il volo e proprio a Napoli avrebbe vissuto una delle serate più belle della sua carriera, ovvero la semifinale dell’Europeo del 1968 che si sarebbe concluso con il successo degli azzurri e la conquista del titolo all’Olimpico di Roma.
Ma partiamo dal Napoli: che impressione le sta facendo la squadra di Spalletti?«Mi sembra una grande squadra».
Che effetto può avere il ko interno di venerdì scorso contro la Lazio?«La mentalità e gli obiettivi non cambiano, nonostante la sconfitta il Napoli resta una squadra incredibile e quel risultato non pregiudica la corsa scudetto. Diciamoci la verità: venerdì sera ci sarebbe stato benissimo anche un pari».
Cosa le piace del Napoli di Spalletti?«Praticamente tutto. Contro la Lazio sono andati in difficoltà solo perché Sarri aveva preparato molto bene la partita in fase difensiva e poi hanno trovato il gol con una conclusione da fuori».
Il merito di questa cavalcata azzurra di chi è?«Fino a ora tutti hanno fatto benissimo. D’altra parte per fare quei risultati non basta uno solo giocatore: tutti hanno dimostrato di essere più che all’altezza della situazione».
Effetto Spalletti?«Luciano è un grande, ha dato una grande scossa a tutti e immagino sia il primo a sapere che una battuta d’arresto ci può star. Il vantaggio che hanno accumulato è importante e consente di non prendere mai paura. Poi anche in Champions la squadra ha sempre fatto bene. Non è mica facile giocare e vincere così contro squadre importanti a livello interazionale. Questo Napoli non può non piacere».
Come mai?«Non fa mai un esasperato possesso palla, ma fa le cose alla grande».
Lei che ricordi ha di Napoli?«Innanzitutto l’amore della gente e la passione di un pubblico straordinario».
Ci dica di più.«Ricordo che quando sono ritornato a Napoli da avversario, anche quando difendevo la porta della Juve, ero applaudito e accolto con enorme affetto».
Poi proprio a Napoli ci fu quella semifinale dell’Europeo del 1968…«C’erano 90 mila persone che spingevano dalla nostra parte: una cosa pazzesca. Ci hanno incitato dall’inizio alla fine, anche quando si è fermato Rivera e non potevamo fare cambi. Il pubblico ci ha supportato in una maniera incredibile».
Poi è arrivata la monetina…«Quella partita rappresentava per noi la possibilità di accedere alla finale e quelle 90 mila persone hanno applaudito noi e fischiato i nostri avversari per 90 minuti senza sosta. Il pubblico napoletano fu da brividi, me lo ricordo ancora oggi. Una delle cose più sensazionali della mia carriera».
La Nazionale torna a Napoli dopo 10 anni: il 23 marzo ci sarà Italia-Inghilterra al Maradona.«Napoli è una grande piazza e il pubblico napoletano farà di tutto per spingere anche questa Nazionale. È sempre la piazza giusta per far giocare l’Italia».
Lei che ricordo ha dei napoletani?«Nei miei confronti sono sempre stati eccezionali emi hanno sempre sostenuto».
Anche lei è stato ct della Nazionale: quali valori trasmetteva ai suoi ragazzi?«Ho avuto a mia volta un grande maestro come Bearzot, e sono sempre stato un grande uomo di sport, ho sempre tenuto molto al comportamento e alla responsabilità della maglia. Per me le regole dello sport sono sacre e sono regole di vita: tutti valori che cercavo di trasmettere alla mia Nazionale».
Il momento più iconico della sua gestione?«Sicuramente la finale di Euro 200o contro la Francia. Nonostante la delusione resta comunque un ricordo positivo».
Un augurio che si sente di fare alla Nazionale di Mancini?«Per ora sono l’unico giocatore che ha vinto Europeo e Mondiale con la Nazionale. È un bel record, ma spero di essere raggiunto da qualcuno dei campioni d’Europa del gruppo di Mancini. Anche perché andare ai prossimi Mondiali è doveroso».
Fonte: Il Mattino