Ragnatela Sarri Spiegava Spalletti alla vigilia: «Ci sono ancora le linee di gioco di Sarri a Castel Volturno». Anche per questo il match è stato tanto bloccato. Anche se Spalletti ha personalizzato quelle linee, Sarri conosce a memoria le mappe del Napoli e sa come sbarrare le strade. Lazio sempre cortissima, pochi metri tra Romagnoli e Immobile per togliere ossigeno al palleggio e spazio alle imbucate. E per impedire la sgommate dei velocisti. Offrire profondità a Lozano, Osimhen e Kvara è come mettere la testa tra le fauci di un leone. La Lazio disinnesca il pericolo con l’intensità, appunto, e con la linea difensiva che Romagnoli alza spesso alla ricerca del fuorigioco. Una strategia sul filo dei centimetri che richiede grande applicazione e grande attenzione. La Lazio ce la mette, con il contributo del Napoli che, per una volta, non sembra animato da fame feroce e tecnicamente sbaglia più del solito. Più Kvara che Osimhen, sollecitato poco. Il georgiano cerca la giocata a ripetizione sotto lo spicchio dei connazionali volati ad applaudirlo con le bandierine in mano. Un solo tiro in porta, telefonato al 16’ da Zielinski, per gli uomini di Spalletti. Strano. La Lazio ha concesso palla (60,7%), ma si è procurata le occasioni più pericolose del primo atto: un colpo di testa di Vecino, già al 5’, scrostato sulla linea di porta dal provvidenziale Di Lorenzo, e un tiro nel cuore dell’area di Milinkovic, murato da Kim che si merita l’eco della curva: “Kim, Kim, Kim…”