Il ds azzurro è il vertice di un sistema piramidale: ci sono il vice Giuseppe Pompilio, il responsabile dell’area scouting Maurizio Micheli e i suoi collaboratori Leonardo Mantovani e Nicolò de Cobelli. Tutti bravi davvero. Alla base, i segnalatori: ovunque, Georgia compresa. E gli amici, i rapporti di 40 anni di calcio: dirigenti, agenti, ex giocatori, allenatori. Funziona così: arriva la soffiata, si fa una prima scrematura tecnica e burocratica e se Giuntoli promuove si propone all’allenatore. E infine all’ad e al presidente: visionario e coraggioso tanto quanto il suo uomo sul campo. I cambiamenti non fanno paura con una rete capillare di contatti, il lavoro del gruppo, le partite al video e l’istinto. La competenza, il guizzo dell’architetto. Il Napoli, quest’anno, è lo specchio delle idee del suo direttore così come lo è di Spalletti in campo. Bello da morire e con i conti doc: il monte ingaggi è stato abbattuto del 35%. Un’enormità che però ha prodotto una marcia trionfale verso lo scudetto e un’esperienza in Champions già straordinaria e quasi storica (lo sarà dopo la qualificazione ai quarti). Un modello da studiare: il mercato delle idee e del fairplay sposato da De Laurentiis che batte quello dei fantamilioni. Un modello che Giuntoli insegna da 7 anni a Coverciano. Bugie comprese.
Fonte: CdS