In questo Vecchio Continente in cui mangia pane (o baguette) e pallone, nessuno è stato capace di tracciare un confine così netto tra sé e gli umani: non il Bayern, che pure ha vinto la Bundesliga – stracciandola – dieci volte negli ultimi dieci anni e che adesso sente il rumore dei nemici del Borussia Dortmund fracassargli i timpani a quota 46 (dunque alla pari) ed avverte i passi ravvicinati di Union Berlino, Lipsia e Friburgo. E il Psg, otto Ligue 1 nell’ultimo decennio, è appena riuscito a sbarazzarsi domenica sera della compagnia dell’Olympique Marsiglia, ora lo tiene a otto punti, ma sino all’altro giorno erano lì, a cinque, e non c’era la sensazione che fosse finita o potesse venire preparata la ceralacca. Come in Spagna: il Barcellona non ha ancora piegato il Real, lo può guardare ma senza superbia, perché in Liga, si sa, il potere può essere ribaltato in un attimo e sette punti per chi l’anno scorso, in Champions, ha buttato fuori Chelsea, Psg e City, prima di battere in finale il Liverpool, rappresentano seriamente un dettaglio esistenziale. E la Premier, in teoria il campionato più equilibrato, resta assai (teoricamente) indirizzata verso Arsenal, quartiere nostalgico di Londra, ma la febbre a 90’ s’avverte, perché il City è in prossimità, due punti dietro ed anche una partita in più . Fonte: CdS