Da quell’operazione durata quasi quattro ore sono passati 15 mesi. «Era come se fosse finito sotto una pressa», spiegò il professore Gianpaolo Tartaro – direttore della Struttura operativa complessa di chirurgia maxillo facciale della Vanvitelli – dopo l’intervento sulla frattura pluriframmentaria subita da Osimhen per lo scontro con Skriniar durante Inter-Napoli del 21 novembre 2021. Sei placche e 18 viti, intervento delicatissimo perché venne interessata anche la cavità oculare. E poi, per tornare in campo, la mascherina che il bomber continua a indossare anche se è passato più di un anno dall’incidente. «Ne provò varie, fu lui a suggerire alcune modifiche». La mascherina è diventata un must, indossata dai tifosi allo stadio. Ma il giorno dell’operazione fu tutta un’altra storia, non c’era da scherzare.
Osimhen rischiò la carriera? «Fu un intervento delicato. Ci aiutò l’esperienza in sala operatoria per evitare di toccare nervi e arterie. E fu preziosa anche la totale disponibilità del paziente. Si mise nelle nostre mani senza fare tante domande sull’intervento e sui tempi di recupero. Disse solo: “Dottore, io devo giocare”. Il suo carattere si vede in campo, d’altra parte».
Perché Victor continua ad indossare la mascherina? «Scaramanzia? Non so. È stata modellata e rimodellata con l’assistenza del giocatore affinché non gli creasse il minimo fastidio. Continuo ad essere in contatto con il medico sociale del Napoli, Canonico, per aggiornamenti. Prima o poi si dovrà pensare di togliere placche e viti che furono applicate dopo il grave incidente. Ci ritenemmo soddisfatti anche per un altro aspetto: non aver lasciato alcuna cicatrice esterna».
In campo Victor sembra uno spericolato. «Ha coraggio, sì. E lo aveva fatto vedere già dopo precedenti infortuni. Non si risparmia e credo che dopo l’operazione questo aspetto si sia ulteriormente accentuato».
In che senso? «Osimhen fu consapevole della gravità dell’infortunio che subì a Milano. Sapeva di avere rischiato tanto, anche se noi intervenimmo immediatamente e anche la convalescenza andò nel migliore dei modi, con i corretti tempi di recupero. Ad osservare le sue partite, sembra che adesso abbia più fame, più voglia di raggiungere obiettivi importanti. È un’opinione da tifoso, ovviamente. Rivederlo con questa determinazione, da vero trascinatore, mi fa piacere».
Lei partecipa a missioni in paesi africani per operare bambini con gravi malformazioni: ne ha mai parlato con Osimhen? «Sono problemi che emergono in paesi come il Benin, più che in Nigeria. Non ho parlato della nostra attività con Osimhen, tuttavia da parte di personaggi del mondo dello sport c’è stata sempre grande attenzione verso queste attività: ricordo, ad esempio, l’impegno di Koulibaly alcuni anni fa».
Fonte: Il Mattino