Travolto da quell’insolito destino, nell’azzurro (ma tempestoso) mare d’agosto, il 16 luglio del 2022 Napoli scoprì d’essere finito in un ciclone, travolto da un pessimismo cosmico che avrebbe potuto soffocarlo: quando Kalidou Koulibaly va al Chelsea, e fa aggiungere lacrime all’estate della diaspora, Kim Min-jae è un interrogativo che s’aggiunge ai dubbi e al malessere ed il tormentone che riempie le notti vuote è sferzante ironia: «C’erano un georgiano, un coreano». E c’erano striscioni acidi che spargono gocce di veleno, mentre intanto sta nascendo un capolavoro insospettabile.
COSE DI KAPPA. Il 27 luglio, e Koulibaly è ancora il totem ch’è andato via lasciando nella disperazione, Kim Min-jae atterra in quella diffidenza collettiva che pare annunciare un anno di disaffezione: ma mentre nell’aria s’avverte (ancora) il chiacchiericcio provocatorio («tre Kim 10 euro») la rivoluzione è praticamente fatta e finita e Napoli si sta immergendo in un’altra vita, della quale non ne avrebbe mai potuto immaginare gli effetti. Il tempo, e pure il calcio lo ha spiegato ripetutamente, è un galantuomo e duecentoundici giorni dopo, Kim Min-jae ha persino «oscurato» Koulibaly, l’ha adagiato in un angolo della memoria ed ha conquistato una città con la dedizione che l’ha eletto a leader e con una sensibilità tecnica che Spalletti ha provveduto a limare, prima di esaltarla. «Kim è pazzesco, è un marziano, è un animale». Kim è il muro di gomma che si è sistemato al fianco di Rrahmani e davanti a Meret per proteggere questa squadra divenuta un must del calcio internazionale, capace di vivere sette serate di Champions mandando in bianco due volte i Rangers di Glasgow e poi l’Eintracht Francoforte, ma soprattutto di serrare con tripla mandata la porta del Napoli, in campionato, in undici circostanze.
POKER. Ultimo gol subito, il 29 gennaio, al «Maradona», contro la Roma; poi, in sequenza, Spezia, Cremonese, Sassuolo ed Eintracht soffocati nel corpo e nell’anima, per costruirsi un capolavoro che sappia di scudetto e poi schiuda l’orizzonte sui quarti di finale di Champions League. Kim è il «guerriero» arrivato da lontano – la Turchia, il Fenerbahce – diciotto milioni (mica pochi) per investire su un’idea forte, anche alternativa però credibile, che provvede a sistemare i mattoni di una ricostruzione totale.
INTOCCABILE. Il problema, e si fa per dire, è quella clausola nel contratto (scadenza 2025 ma opzione fino al 2027) che si può esercitare soltanto dall’estero: il Manchester United vorrebbe ma De Laurentiis è già proiettato al ritocco dell’ingaggio e a una blindatura che possa passare dagli attuali 48 milioni ai 65 milioni del futuro, che Spalletti, tempo fa, ha immaginato sempre al Maradona: «Non parte, lui sta bene a Napoli».
IL BOMBER. Visto che non bisogna negarsi nulla, finché possibile, Kim si è messo anche a segnare il giusto: gol al Monza, per chiudere la goleada; colpo di testa alla Lazio, per avviare la remuntada; e per abbellire il curriculum, pure l’assist ad Osimhen, nel 3-0 con la Cremonese.
INSUPERABILI. Racconta la storia di questa stagione che sa di magìa d’una difesa capace di subire appena quindici gol in campionato e di essere, nei più importanti cinque campionati europei, seconda solo al Barcellona. Ma Kim è anche altro, è un «duro» dal cuore tenero che quando in Turchia e in Siria la terra trema, versa 75 milioni di euro ai bambini di quella terra ch’è stata per un anno casa sua. Perché il calcio è la sua vita ma la sua vita non può essere solo calcio.
Fonte: CdS