Sapete cosa fa più impressione del Napoli di Spalletti? Non la forza, il gioco, oppure i risultati e le vittorie che arrivano ormai senza sosta dal mese di agosto dell’anno scorso. A fare impressione di questa meravigliosa squadra, è il fatto che fa tutto quello che vuole quasi senza “sudare”, imponendo la propria forza e superiorità agli avversari come solo una squadra cinica e matura può fare. La gara di Francoforte contro l’Eintracht ha certificato ufficialmente, semmai ce ne fosse stato bisogno, che il Napoli di Luciano Spalletti è diventato grande e ha raggiunto un’altra dimensione. Una squadra che mette i piedi dalla linea di centrocampo a salire e che occupa il campo con la mentalità di chi sa cosa vuole. E se lo va pure a prendere.
Maturità e sfrontatezza, Spalletti e il Napoli danno lezione di calcio all’Eintracht
Non solo in Italia, dove gli azzurri hanno disintegrato e ammazzato il campionato sbaragliando la concorrenza, ma anche in Europa. Il Napoli dà spettacolo ovunque senza porsi limiti. Se nella prima metà della prima frazione di gioco gli uomini di Spalletti hanno preso le misure con il diverso ritmo e la maggiore intensità della Champions, dal palo di Lozano e il rigore sbagliato di Kvara fino al triplice fischio è stato un monologo azzurro fatto di qualità, pressing, maturità e calcio totale. Gli azzurri erano un fiume in piena dopo lo 0-2 e potevano incrementare il proprio bottino di reti all’attivo, ma il risultato resta comunque importante. Un’esibizione e una lezione di calcio cosi come fu quella della Johan Cruijff Arena contro l’Ajax.
Dal gol di Osimhen servito da un super Lozano alla rete di capitan Di Lorenzo, il Napoli ha sfoggiato superiorità e consapevolezza in ogni zona di campo. Ad Osimhen e Kvara si aggiunge anche El Chucky come terminale offensivo devastante con le sue accelerazioni e cross tesi e precisi dal fondo. E con gli spazi e le praterie di campo che concedono le big d’Europa, il messicano risulterà sicuramente un’arma in più per le prossime gare. Un calciatore pagato tanto che ha subito un po’ il peso delle aspettative. Se in un primo momento è stato forse sopravvalutato, in un secondo momento è avvenuto l’esatto opposto: si è sottovalutato un giocatore che brocco non è. Un giocatore di un certo livello, che sa come comportarsi quando si alza il livello in gare di stampo internazionale.
Stanislav Lobotka: il Play-Maker perfetto
Il secondo gol, invece, probabilmente l’abbiamo visto alla Play-Station l’ultima volta. Scavetto di un monumentale Zambo Anguissa per Kvara che stoppa e appoggia all’indietro di tacco per Di Lorenzo che se la porta sul sinistro e incrocia nell’angolo basso ipotecando i quarti di finale. Ma tra tutto questo, chi ammalia, impressiona e fa innamorare insieme a tutto il Napoli che è da stropicciarsi gli occhi, è il numero 68. Stanislav Lobotka è il centrocampista che ogni allenatore vorrebbe avere titolare davanti alla difesa.
Corre per tre, recupera una quantità spropositata di palloni, imposta e conduce l’azione palla al piede prendendo fallo ogni qual volta provino a sfidarlo. Lobotka è il motore inesauribile del Napoli, è quell’amico su cui puoi sempre fare affidamento. Lo vedi a volte piazzarsi in mezzo ai centrali per impostare e quando hai il timore che stia per perdere il pallone, ecco che piazza il proprio corpo davanti all’avversario o se ne esce con un lancio scuola Xavi. Il play-maker perfetto insomma.
Perfezione che ormai non stupisce più in Kim Min-Jae che incarna l’arte della difesa, il generale coreano azzurro che con personalità, potenza fisica, velocità e tecnica ha fatto dimenticare Koulibaly fin dal primo giorno in cui è arrivato all’ombra del Vesuvio, si è reso protagonista di un’altra prestazione gigante, l’ennesima.
Formazione e 11 di partenza alla mano, con una coppia di marziani come Kvara-Osimhen, il Napoli ha probabilmente 7-8 titolari che non hanno nulla da invidiare ai corrispettivi del ruolo delle prime 4-5 squadre più forti d’Europa. Il georgiano non si abbatte dopo il rigore fallito e continua a produrre spettacolo con le sue magie, come voleva il leader Osimhen che alza la testa al 77 dopo la respinta dagli 11 metri di Trapp. La crescita di Victor è uno dei segreti di questo Napoli: il bomber nigeriano è migliorato ed è esploso definitivamente sia caratterialmente che tecnicamente. Niente più nervosismo e litigi ma aiuto ai compagni, fame di vittoria, strapotenza fisica, turbo sotto i piedi e gol a ripetizione. Uno dei migliori numeri 9 al mondo.
Lo score azzurro registra al momento 26 vittorie su 30 gare giocate tra campionato e Champions. Numeri atomici per una macchina perfetta.
Al Maradona per chiudere la pratica
Per poter scrivere la storia, però, e accedere per la prima volta in quasi 100 anni ai quarti di finale della Champions League, manca ancora il ritorno al Maradona che di certo il 15 marzo si vestirà da serata di Gran Galà del calcio. Quel Maradona che è diventato una botte di ferro per il Napoli ( tutte vittorie tra campionato e Champions tranne un pareggio ) e un incubo per qualsiasi avversario che metta piede nel tempio di Diego. Luciano Spalletti ha creato un collettivo straordinario, una squadra mostruosa che frantuma record su record e che sta facendo sognare un intero popolo, che incredulo ammira la propria squadra dominare su ogni campo del mondo.
Il Napoli è bello e spietato, maturo e affamato. Ha raggiunto l’apice di ogni aggettivo utile a descrivere l’opera da oscar di un allenatore che finalmente sta raccogliendo tutte le soddisfazioni che merita la sua immensa carriera. Una carriera che gli ha portato quella dose di esperienza che lo fa restare con i piedi ben saldi per terra anche dopo una vittoria e una prestazione simile in una trasferta di fuoco, contro i vincitori dell’Europa League.
Lo sa bene Luciano Spalletti, guai a cadere nel tranello dei complimenti e piacersi troppo: “Chi pensa già ai quarti di finale al ritorno non giocherà” ha dichiarato il mister al termine della gara di ieri sera. Provocazione o realtà il messaggio di Spalletti è chiaro: il Napoli è consapevole della propria forza ma guai a fare come Dorian Gray e specchiarsi troppo nella propria bellezza. La forza e la bellezza gli azzurri la devono sbattere con il gioco e la fame in faccia agli avversari. Come fatto fino ad oggi.
Quegli avversari, che chissà, potranno essere tra non molto il Real Madrid di Ancelotti o il City di Pep Guardiola, quando inevitabilmente, dai possibili quarti in poi, il livello generale della competizione si alzerà sensibilmente.
Napoli asso pigliatutto
Archiviato il primo round degli ottavi di Champions, la testa tornerà subito al campionato dove sabato ci sarà l’Empoli e a seguire la doppia sfida casalinga contro Lazio e Atalanta prima del ritorno con l’Eintracht che chiuderà il trittico pre-sosta delle gare in mura amiche per il Napoli. Il doppio obiettivo davanti è accelerare senza fare calcoli in campionato, per ritrovare lo scudetto che manca da più di 30 anni e fare impazzire di gioia un’intera città andando il più avanti possibile anche nella massima competizione europea. Per la Champions ci sarà tempo, ma l’andata degli ottavi ha smascherato il Napoli nell’ultimo giorno di carnevale e sotto il vestito è uscito l’indefinito e illimitato potenziale di un gruppo che non può e non deve porsi limiti.
Dall’obiettivo minimo di entrare nelle prime otto regine d’Europa alla finale di Istanbul, passando per ogni singola gara che misurerà sempre di più il livello di un’orchestra magistrale. Il Napoli è pronto a tutto e non ha voglia di giocarsi la sola fiches–scudetto, ma punta a lanciare l’asso pigliatutto. Nel frattempo Spalletti alza il telefono e prenota un posto al tavolo delle grandi.
A cura di Simone Di Maro
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